Da un mese siamo in quarantena.
È questa la condizione che accomuna ognuno di noi, ma se è vero che la quarantena riguarda a tutti (ad eccezione di coloro che garantiscono servizi essenziali), non è vero che è uguale per tutti. Non è uguale a quella degli altri la quarantena dei lavoratori precari. Non è uguale a quella degli altri la quarantena di chi è costretto a vivere in trenta metri quadri nei bassi di Napoli. E non è uguale a quella degli altri la quarantena delle donne vittime di violenza. Donne per cui la casa diventa una prigione.
La violenza ai tempi del Coronavirus
Non serve che ve lo diciamo noi (anche se è sempre meglio ripeterlo): in Italia la violenza sulle donne è un problema, per non dire un’emergenza. In Italia ogni quindici minuti una donna subisce maltrattamenti, e la maggior parte delle volte l’aggressore è l’uomo che dice di amarla.
Avviene ogni giorno, e se già avveniva in un contesto esterno di “normalità” la situazione di certo non è migliorata da quando siamo tutti chiusi in casa, anzi.
Imprigionate dalla quarantena, le donne vittime di violenza si ritrovano infatti nelle mani del loro aguzzini. Si sentono sole, isolate, pensano di non avere alcuna possibilità; e cosi la loro quarantena diventa la loro condanna a morte. Gli effetti li vediamo già oggi.
Un grido soffocato
È di questi ultimi giorni infatti il campanello d’allarme lanciato dai centri di supporto alle vittime di violenza: le
telefonate di denuncia sono in netto calo (- 55,1%). Se prima dell’emergenza i centri lavoravano a pieno ritmo ora il telefono non squilla più. Il grido d’aiuto rimane soffocato tra le mura domestiche, soffocato dalla paura.
In case infatti dove “anche i muri hanno le orecchie” diventa difficile per le donne vittime di violenza
riuscire a mettersi in contatto con gli operatori. Temono ritorsioni da parte dei loro aguzzini. L’unica
soluzione che sembra a loro possibile è quella i tacere e subire, li sembra l’unica possibilità di salvarsi. Ma non è così.
Un aiuto concreto: YuoPol
In questi giorni il numero telefonico per le emergenze rimane comunque sempre attivo. 1522, è questo il numero che dovete chiamare se siete vittime di violenza. Tuttavia, ben conoscendo le difficoltà che le donne possono riscontrare per mettersi in contatto con gli operatori, oggi c’è anche un’altra soluzione: un’app.
Si chiama YouPol ed è l’app messa a disposizione dalla polizia di stato. Non è una novità, essa esiste già da tempo ed è nata con lo scopo di denunciare episodi di spaccio e di bullismo, ma oggi assume anche un’ulteriore funzione.
Grazie ad essa infatti oggi è possibile inviare una denuncia anche in forma scritta per segnalare casi di violenza domestica.
Questa informazione è importante non solo per le vittime di violenza ma per tutti. Ognuno di noi infatti
può denunciare se a conoscenza di una forma di abuso. La denuncia può essere fatta in forma anonima e in molti casi può salvare una vita. Perché la quarantena non è uguale per tutti ma in nessun caso deve diventare una condanna a morte.