Che le restrizioni da Covid abbiano letteralmente massacrato l’economia, soprattutto quella della cultura, è fatto ormai risaputo. Tuttavia, mentre musei e gallerie hanno fatto un apri e chiudi in alternanza – le gallerie d’arte, oltretutto, sono rimaste aperte e accessibili su appuntamento in molte regioni arancioni -, il mondo dello spettacolo non vede un vero e proprio spiraglio di luce da circa un anno.
Ufficialmente, cinema e teatri avrebbero potuto riaprire in estate. Alcuni multisala ci sono riusciti, ma per i teatri aprire durante la stagione estiva, già normalmente periodo di chiusura, è stato davvero impossibile, a fronte dei costi da sostenere e dei già pesanti buchi di bilancio.
E così, questo mondo troppo spesso bistrattato dalla cultura italiana ha fatto di necessità virtù, portando l’arte della recitazione nelle case degli italiani (a distanza di sicurezza). E l’iniziativa del teatro a domicilio sembra andare alla grande dal Nord al Sud della penisola.
L’iniziativa
Il teatro a domicilio è nato lo scorso dicembre a Milano, ma non ha tardato a svilupparsi in moltissime altre regioni. Non a caso, l’iniziativa è nata per mano di Ippolito Chiarello, attore di origini leccesi. Chiarello è attivo già da un decennio sul territorio nazionale con il progetto Barbonaggio teatrale, che ha portato in questi anni nelle piazze di tutte Italia dei “banchetti” in cui scegliere spettacoli da improvvisare dal vivo.
In seguito all’ennesima chiusura, a novembre 2020, Chiarello ha deciso di correre ai ripari sfruttando quest’idea nel migliore dei modi possibili, per dare voce al mondo dello spettacolo completamente dimenticato. Mettendosi in contatto con tutti i suoi colleghi in giro per l’Italia, ha dunque dato vita al teatro a domicilio, nonché alle USCA (Unità Speciali di Continuità Artistica).
Il teatro a domicilio consiste in un vero e proprio servizio di delivery: dal menù, però, è possibile scegliere non panini o pizze, bensì un’interpretazione della Locandiera di Carlo Goldoni o di un canto dell’Inferno di Dante Alighieri. Ce n’è per tutti i gusti, anche per i più piccini, a cui sono dedicate rappresentazioni di Rodari o Stefano Benni. I prezzi variano a seconda del menù o del pacchetto che si sceglie. Il pagamento minimo è sempre di circa 20 euro – da effettuarsi tramite bonifico bancario e dunque in totale sicurezza -, ma per le famiglie che non hanno possibilità il tutto è gratuito: «E i documenti per dimostrare la propria indigenza: … A’ FIDUCIA», sostiene Chiarello sul portale web dell’iniziativa.
Così, gli attori vi raggiungeranno in bicicletta nello spazio aperto a voi più prossimo – eventualmente da concordare insieme -, e vi delizieranno con le performance da voi ordinate.
Resistenza culturale
Dopo i rider di cultura di Milano, il teatro a domicilio ha impazzato in Sicilia, con il Franco Delivery Show e la compagnia Carullo Minasi, in Puglia e in Toscana. Le città che si uniscono alle USCA nazionali aumentano ogni giorno di più, e i rider del teatro stanno ottenendo un’importante risposta: mentre lo Stato tace, il popolo riconosce il valore della cultura e dello spettacolo.
Nel panorama di un inutile e dispendioso Netflix della Cultura, il teatro a domicilio è un vero atto di resistenza. È la risposta ad un bisogno che si crede non esista, ma che è invece molto forte e rivela la necessità attualissima di nutrirsi, tra le altre cose, del fattore di comunità, di cui il teatro è naturale portatore.
«Prima ero io ad aspettare per strada che voi passaste per offrirvi dei racconti, ora passo io da voi, sotto le vostre case, nei vostri cortili, sotto le vostre finestre a raccontare». Con queste parole di Ippolito Chiarello vogliamo lanciare una domanda alle istituzioni: per quanto ancora bisognerà individuare soluzioni che snaturano prodotti e professioni, invece di provare a reinventare e reinventarsi in virtù dei tempi correnti?
Sara Maietta
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