La Corte Costituzionale sancisce la legalità del suicidio assistito. I medici rispondono con quattromila obiettori
La Corte Costituzionale ha emesso due giorni fa una sentenza storica con la quale sancisce come il suicidio assistito non costituisca reato nei casi simili a quello di Dj Fabo.
Una vicenda che risale a un anno e mezzo fa quando DJ Fabo, tetraplegico e cieco dopo un incidente in auto, sceglie di rivolgersi a Marco Cappato dell’associazione Luca Coscioni per interrompere la sua sofferenza.
Una decisione assunta nel pieno delle sue facoltà mentali che portò Dj Fabo a recarsi in Svizzera perché in Italia non esiste la possibilità di avere una morte assistita.
Un viaggio molto pesante dovette sostenere accompagnato da Cappato. Per questo viaggio la magistratura italiana aprì un procedimento penale imputando lo stesso Cappato di istigazione al suicidio.
Questione poi finita sul tavolo della Consulta che sospese il giudizio per undici mesi dando il tempo al Parlamento di legiferare su un tema considerato etico. Undici mesi nei quali la politica avrebbe dovuto adoperarsi perché si arrivasse ad una legge sul suicidio assistito.
Si è giunti al 24 Settembre senza nemmeno un accenno di discussione. Un traccheggio imbarazzante che ha costretto ancora una volta la magistratura a sostituirsi al Parlamento.
Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale il Parlamento dovrà esprimersi.
I giudici affermano infatti come sia “indispensabile” l’intervento del legislatore per modificare una norma in vigore da novant’anni che mette sullo stesso piano il suicidio assistito e l’istigazione al suicidio.
Un tema dunque molto spinoso. In particolare per le diverse sensibilità rappresentate in Parlamento all’interno del quale la prassi vuole che, per scelte di tipo etico, sia lasciata libertà di coscienza.
Una discussione dunque che richiede tempo e duri scontri ideologici.
In un tempo di maggioranze fragili l’introduzione di un dibattito sul suicidio assistito potrebbe far traballare gli equilibri.
La scarsa capacità di separazione dei piani di azione potrebbe far correre pericoli all’attuale governo. Forse è per questo che la politica non sembra voler avviare la discussione su un aspetto delicato come il suicidio assistito.
All’assordante silenzio della politica si contrappone la voce dell’Ordine dei Medici di Roma che afferma di non voler applicare la pratica del suicidio assistito.
Pare che ci siano già quattromila medici obiettori di coscienza che portano come motivazione il Giuramento di Ippocrate. I neo obiettori chiedono alla politica -che dovrà prima o poi intervenire- di individuare un mediatore: un pubblico ufficiale che somministri il farmaco mortale.
Si prepara quindi un periodo di polemiche. Un momento nel quale la politica continuerà a temporeggiare e i medici a obbiettare. In mezzo le persone che vedranno difficilmente applicata la pratica del suicidio assistito.