Settimana politica intensa quella che si sta per chiudere nella quale il governo Meloni è entrato in attività prendendo i primi provvedimenti. Misure che riguardano i temi della sicurezza e della sanità che hanno fatto già molto discutere.
Sicurezza e sanità: il primo decreto omnibus del governo Meloni
Ha scelto di partire con la zampata identitaria Giorgia Meloni approvando un decreto riguardo sicurezza e sanità: primo provvedimento che ha fatto emergere il pensiero politico dei due neo ministri Schillaci e Piantedosi.
Il decreto che ha già fatto molto discutere anticipa il rientro dei medici novax e introduce un nuovo reato penale che, secondo il governo, servirà a colpire l’organizzazione dei rave party. La prima bozza di decreto conteneva anche l’abrogazione dell’obbligo di mascherina nelle strutture sanitarie: norma poi stralciata dopo forti polemiche.
Un provvedimento che ha tutte le sembianze di un atto ideologico per mandare un immediato segnale agli elettori. Sul fronte della sanità infatti, il governo è stato chiaro: discontinuità con la linea di Roberto Speranzi, obbiettivo che ha portato il ministro Schillaci a reintegrare medici ed infermieri che non hanno completato il ciclo vaccinale.
Atto che, oltre a rappresentare un rischio per i mesi a venire, danneggia l’immagine dello Stato che in questo modo si mostra incoerente dando uno schiaffo morale a chi ha adempiuto al proprio dovere.
L’ultima parole spetta però agli ordini professionali non convinti delle misure introdotte dal governo. Un meccanismo quindi non automatico che chiama in causa anche le regioni.
Sicurezza e sanità: non solo i rave party nel mirino del governo
Fa molto discutere anche la parte del decreto che introduce un nuovo reato penale funzionale, secondo il governo, a disincentivare i rave party.
Il testo in realtà non sembra centrare l’obbiettivo dichiarato dall’esecutivo, ma piuttosto crea una nuova fattispecie di reato molto ampia nella quale potrebbe ricadere ogni manifestazione.
È quello che sostengono le opposizioni auspicando che in parlamento possa essere corretta costruendo una definizione più stringente che non lasci spazio ad un’eccessiva interpretazione.
Stando alle dichiarazioni del governo non c’è l’intenzione di applicare il reato ad altre tipologie di manifestazioni; l’intenzione dell’esecutivo però non conta: contano le parole scritte nero su bianco che possono effettivamente avere ampio spettro.
La prova sarà in parlamento al momento di convertire il decreto in legge, in quest’occasione saranno svelate le vere intenzioni del governo.