Sono uscite le linee guida per tornare a scuola a settembre. Un reale incubo dal quale non ci si può svegliare
Quello che si è chiuso da poche ore è stato un fine settimana impegnativo dopo che, con la conferenza stampa di venerdì pomeriggio, il ministro Azzolina ha presentato le linee guida per la riapertura delle scuole a settembre.
È sempre piacevole difendere la politica da luoghi comuni e stereotipi purché qualcosa da difendere ci sia. Nel caso della riapertura delle scuole lo scollamento fra politica e realtà si mostra in tutta la sua sostanza. Nell’idea di ripresa della scuola proposta dal ministro dell’istruzione infatti non vengono contemplati diversi elementi che però, come molto spesso accade, sono proprio i dettagli che fanno la differenza.
Il primo elemento è il tempo. Il piano del ministro dell’istruzione Azzolina per una scuola alternativa arriva a soli due mesi dalla riapertura. Per la mole di interventi che servirebbero per rendere le scuole di tutto il Paese adeguate agli standard anti Covid due mesi non sono niente. Sono giusto il tempo necessario a scrivere un bando e passare all’attuazione degli interventi. Senza contare che il patrimonio edilizio è affidato a comuni, per quanto riguarda elementari e medie, alle città metropolitane per quanto riguarda gli istituti superiori. Proprio quegli enti che si trovano in difficoltà nell’affrontare le esigenze della società post Covid.
C’è poi il punto di come sarà andare a scuola con il metro di distanza da “bocca a bocca”. Come se gli studenti fossero delle sagome Lego che si incastrano nei banchi e rimangono fermi lì fino al suono dell’ultima campanella.
Siccome l’essere umano da solo non poteva prevederlo, ci ha pensato un software costruito a d’hoc a spiegarci come rispettando tutte le norme di distanziamento fisico un 15% della popolazione scolastica non potrà godere delle strutture attualmente esistenti. Per sopperire a questo problema il ministro propone una didattica alternativa in giardini, musei, teatri, biblioteche: tutte realtà che nel frattempo dovranno gestire la normale utenza.
Ma non è finita qui. A rendere ancora più complicata la questione è arrivata la decisione del Parlamento che ha fissato la data del voto per le elezioni regionali, amministrative e referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari per il 20 e 21 settembre: sette giorni dopo l’inizio dell’anno scolastico.
Ciò significa, a meno di soluzioni alternative che gli enti locali potranno mettere in campo, che le scuole elementari e medie saranno utilizzate come seggi elettorali con annesse operazioni di santificazione prima e dopo il giorno del voto.
Adesso andate in cucina, prendete una pentola, riempitela d’acqua fredda e rovesciatevela in testa. Ora rileggete da capo l’articolo.
Vedete: non era un incubo. eravate già svegli.
Federico Feliziani
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