Degli scorsi giorni la notizia dell’assegnazione della scorta alla ministra dell’Istruzione Azzolina e del governatore della Lombardia Fontana. Gli insulti e le minacce ricevuti, non solo sui social, hanno portato alla decisione delle autorità competenti. Scorta anche per il viceministro della Salute, Sileri, ma in questo caso le ragioni sembrerebbero differenti.
La vergogna d’oltreoceano ha interessato negli ultimi giorni l’opinione pubblica, ma queste notizie meritano una ugualmente attenta considerazione.
Motivazioni politiche?
I volti di Azzolina e Fontana, durante quest’emergenza sanitaria, sono rimbalzati sistematicamente di quotidiano in quotidiano per via delle politiche rispettivamente attribuibili. Ed, effettivamente, non poco discutibili.
Al centro delle polemiche, per la ministra dell’Istruzione, la gestione scolastica in emergenza Covid e il piano di ripartenza (a giorni il decreto). In molti, infatti, non sono d’accordo con il sentiero intrapreso e le scelte sostenute. Oltre a motivazioni ben comprensibili di ordine culturale, l’assenza degli alunni dai banchi di scuola e la lor presenza costante in casa ha provato gli stessi ragazzi e alterato, in qualche modo, gli equilibri di tante famiglie. Equilibri già non troppo stabili, causa pandemia.
Definire solo discutibili le scelte del governatore lombardo durante la crisi sanitaria, invece, appare riduttivo. Nonostante i leghisti continuino ad incaponirsi nel difenderne l’operato – in nome di una presunta discriminazione in senso opposto a quella da loro perpetrata per decenni – il fallimento nella gestione è sotto gli occhi di tutti. Tanto che è stato più volte oggetto di dibattito un eventuale commissariamento della regione. Ad alcune scelte scriteriate viene attribuita la responsabilità, quantomeno politica, di tale débâcle; tonfo pagato a caro prezzo in termini di contagi e vite umane. Lo stesso Fontana ha dovuto abbassarsi a dichiarazioni in stile Trump per cercare di mascherare colpe e misfatti.
E ciò basterebbe?
Per quanto le critiche e le opposizioni a tali decisioni possano essere fondate, però, non possono certamente giustificare le azioni che hanno reso necessarie le misure di sicurezza personale attuate. Se nemmeno questo fosse pacifico, dovremmo definitivamente abbandonare la speranza di vivere in un paese civile. Se, d’altro canto, ciò è fuori discussione, bisognerebbe essere in grado di approdare a migliori conclusioni circa la natura di questi fenomeni.
Relegarne la definizione a “minacce e insulti sui social” sembra rappresentare una limitazione della reale portata di questi avvenimenti. I social, senza dubbio, possono amplificare gli umori fino a condurli a manifestazioni deviate e violente, ma non si può non vedere come ci siano schieramenti politici di rilevanza nazionale che alimentano (o lo hanno fatto in passato) questo odio belligerante e tentano di veicolarlo. Solo nel mese corrente ne abbiamo potuto saggiare un’altra imbarazzante manifestazione, nel caso Silvia Romano.
Da anni assistiamo a un “dibattito” politico fatto di urla, parolacce e zuffe, finanche in Parlamento. Dai “vaffa-day” ai “Prima gli italiani”, passando dalle accuse di alto tradimento mosse al Presidente Mattarella solo due anni fa dagli stessi partiti i cui rappresentanti oggi subiscono la violenza che li costringe ad essere scortati. Tragica ironia della sorte.
Ombre inquietanti
Caso ancor più eclatante quello di Pierpaolo Sileri. La tutela affidatagli pare sia stata resa necessaria da tentativi di corruzione e minacce finalizzati a dirigere parte dei fondi pubblici da stanziare per l’emergenza pandemica verso altri lidi, non bene definiti. Addirittura un messaggio minatorio rintracciato sul parabrezza dell’auto del viceministro; in tanti ad esprimere solidarietà a lui e al suo operato.
I panorami che si spalancano all’orizzonte di notizie del genere sono tutt’altro che confortanti. Nella migliore delle ipotesi, bisognerebbe ammettere che in Italia abbiamo seri problemi di rappresentanza politica e vivere civile. Buona parte della popolazione, nei fatti, appare incapace di incardinare il proprio dissenso e farlo valere nelle sedi preposte dall’ordinamento democratico, il che mina lo stesso stato di diritto.
Quanto alle ipotesi peggiori; bisognerebbe domandarsi quali siano i gruppi di potere che possano sentirsi in grado di corrompere un viceministro della Salute in un momento in cui la salute pubblica gode della massima attenzione e minacciarlo, nelle modalità dette, in caso di rifiuto. E questo alla luce delle altre notizie che confermano come la criminalità organizzata di stampo mafioso possa e voglia appropriarsi in modo parassitario delle strutture statali, per volgere a proprio favore indebiti profitti.
Si può facilmente intuire come il caos e l’indebolimento sociale e istituzionale, che le politiche dell’odio concorrono a creare, sia propedeutico alla destabilizzazione voluta da questi gruppi criminali e non; per rendere vulnerabili (o corrutibili) i più alti istituti posti a tutela della res publica.
Bisognerebbe capire se queste organizzazioni politiche, e i loro rappresentanti, siano in grado di rendersene conto. E, in caso di risposta affermativa, chiedere loro quali interessi, oltre a quelli elettorali, si prodigano così tanto di tutelare a discapito della collettività.