Questa è un’idea nata in un giorno di agosto.
Uno di quei giorni in cui si fa tutto tranne quello che si dovrebbe fare (tipo studiare per l’imminente sessione), un giorno che sa già di settembre e dell’anno che sarà.
È un’idea nata come uno di quei buoni propositi che si fanno a inizio anno quando tutto ci sembra possibile e anche di più.
Ad agosto con l’estate che ormai ci stava abbandonando ci siamo chiesti: perché non parlare delle donne che la storia ha dimenticato?
A qualcuno forse potrebbe apparire strano: “Perché scrivere solo di donne? Non è essere sessisti anche questo?”.
Semplicemente perché è necessario.
Le vicende storiche che ci sono raccontate, le opere che ci vengono spiegate, le scoperte che ci vengono illustrate portano tutti un nome maschile.
Il racconto della nostra storia ha lasciato fuori le donne che per anni ne hanno intessuto i fili.
Le ha dimenticate, come se non fossero mai esistite.
Per questo parlare di loro oggi è importate.
Per farlo noi di BorderLain abbiamo deciso di presentarvi le storie di venti donne (o forse più) troppo in fretta dimenticate.
La prima è lei: Rosalind Franklin.
Cancellata dalla storia
Chi scopri la forma della molecola del DNA? La risposta che i libri di scienze ci danno è una, e una sola: furono James Dewey Watson, Francis Crick e Maurice Wilkins.
I tre d’altra parte vinsero il premio Nobel nel 1962 per tale scoperta. A loro fu riconosciuto il merito. Ma la realtà è ben diversa.
La realtà è che ben poco avrebbero potuto dimostrare se non ci fossero state le sue ricerche: le ricerche di Rosalind Franklin.
Quest’ultime non erano sconosciute al mondo scientifico, che anzi le utilizzo a sostegno della tesi esposta dei tre ricercatori, ma il nome di Rosalind fu cancellato dalla storia.
Come è potuto accadere?
L’inizio di una carriera
La storia di Rosalind è una storia di studio e passione.
Nata a Londra nel luglio del 1920, sviluppo ben presto l’amore nei confronti della scienza e in particolare per la chimica, tanto da orientare i suoi studi in tal senso.
Scelse infatti di iscriversi ai corsi di chimica e fisica a Cambridge, dove si laureò nel 1941.
Dopo la laurea Rosalind, che negli anni della guerra si oppose con fervore al fascismo e al nazismo, intraprese la carriera di ricercatrice, ottenendo nel 1945 il dottorato di ricerca.
Con la fine della guerra si trasferì in Francia, a Parigi, dove ebbe la possibilità di specializzarsi nella tecnica di diffrazione dei raggi X.
Nella capitale francese rimase per quattro anni per poi scegliere di ritornare Londra su richiesta del professore John Randall, il quale le permise di lavorare all’interno del laboratorio del Kings College.
Laboratorio diretto da Maurice Wilkins.
Lo stesso che vinse il premio Nobel grazie agli studi sul DNA.
La scoperta rivoluzionaria
È a questo punto della storia, allora, che dobbiamo arrivare per tentare di capire quello che è successo.
A Londra Rosalind fu inserita in un gruppo di ricerca il cui oggetto di interesse erano le fibre del DNA, ma fin dal principio il lavoro risultò tutt’altro che semplice.
La sua determinazione e il suo carattere fiero erano poco tollerati all’interno del gruppo di ricerca, soprattutto da Wilkins.
La situazione nel corso del tempo andò a peggiorarsi finché i due smisero definitivamente di rivolgersi la parola.
Divennero due binari paralleli: lavoravano allo stesso obiettivo senza incontrarsi mai.
Obiettivo che però per Rosalind sembrava essere sempre più vicino.
Fu la sua ricerca a dimostrare che la forma del DNA non era una sola, bensì due.
Grazie a Rosalind venne infatti provato che la fibra di DNA assumeva un diverso aspetto a seconda che fosse o meno idrata.
Si parlò di forma B (idratata) e forma A (non idrata e dunque in condizioni “normali”) e su quest’ultima si concentrarono i suoi sforzi, arrivando ad un punto di svolta. Rosalind infatti riuscì ad ottenere una foto della fibra che dimostrava indiscutibilmente la forma A del DNA.
Si arrivo alla risposta: la forma A del DNA era ad elica, e ad averlo scoperto era Rosalind Franklin.
Ma il merito non le fu mai attribuito.
Una storia riscritta
Dopo che se ne fu andata dal laboratorio, fu Wilkins a prendersi il merito delle sue ricerche condividendone i risultati con Watson e Crick.
Questo permise ai tre scienziati di proporre il primo modello di DNA, il quale fu ragione di gran parte della fama di cui ancora oggi godono. Fama che sarebbe dovuta appartenere ad un’altra persona.
Così però non fu, la storia venne riscritta con il beneplacito della comunità scientifica che non vide (o finse di non vedere) ciò che era avvenuto.
L’effetto Matilda
La storia di Rosalind Franklin non è un unicum.
Non fu infatti la prima, ne è stata l’ultima, donna i cui meriti scientifici sono stati attribuiti ad un uomo.
In ambito scientifico ciò avviene così spesso che si è anche trovato un nome per descrivere questo fenomeno.
Si parla infatti di “Effetto Matilda”.
Esso non è altro che il frutto di una società che ha a lungo visto le donne escluse da ruoli di potere o di responsabilità.
È una società che fa fatica a riconoscere i meriti delle donne perché farlo significa mettere in discussione il paradigma su cui fonda sé stessa.
Paradigma per la quale il ruolo centrale appartiene agli uomini.
Più facile risulta, allora, riconoscere i meriti di scoperte importanti agli uomini stessi anche a scapito di cancellare il nome di una scienziata come Rosalind Franklin dalla storia.
Una scienziata descritta d’altra parte, da Watson, come “Terribile e bisbetica” oltre che “Per niente attraente e con un carattere orribile”.
Descrizione il cui unico scopo era quello di nascondere la verità dei fatti, costruendo un’immagine della Franklin che agli occhi dei contemporanei la “squalificasse” in quanto donna in una società il cui valore della donna era stabilito dallo sguardo maschile.
Per cancellarla, dimenticarla.
Oggi però possiamo ricostruire la verità e riconoscere a Rosalind i suoi meriti, e provare, finalmente, a riscrivere il suo nome.