Anno nuovo metodi vecchi. Così gli studenti continuano a vivere nell’incertezza shakerati dalla politica
Se questo fosse un inizio d’anno ordinario l’intera popolazione scolastica si starebbe preparando al rientro a scuola dopo la pausa natalizia. Sarebbero giorni frenetici fatti da compiti da terminare e da libri da iniziare o di cui cercare i riassunti su Internet.
Però il 2021 arriva dopo un anno inedito nel quale la scuola italiana ha dovuto affrontare la didattica a distanza a causa della pandemia che ci ha colpiti. E il primo dell’anno, atteso con mille speranze, non si è portato via l’incertezza nella quale dovremo vivere ancora per un po’ di tempo. Incertezza che continua ad avvolgere il tema del rientro a scuola il 7 gennaio.
Se infatti il 23 dicembre le video lezioni si sono chiuse con un arrivederci in presenza, l’avvicinarsi della riapertura sta facendo sorgere dei dubbi sull’effettivo rientro in presenza. Il tema sembra essere l’improvviso rialzo dei contagi che sta mettendo in crisi alcune Regioni a tal punto da far pensare a una prosecuzione della zona rossa anche dopo la scadenza del Decreto Natale.
Sì perché uno dei presupposti per il rientro a scuola era la riorganizzazione del trasporto pubblico che con grande lungimiranza e spiccato acume è cominciata soltanto a fine novembre.
Era abbastanza scontato come nel poco tempo a disposizione si sarebbe a malapena riuscito a scrivere i nuovi piani. Peccato come resti inevasa tutta la parte attuativa che avrebbe potuto di fatto assicurare un rientro a scuola in sicurezza.
Così a tre giorni dal suono della campanella molti presidi segnalano come in queste condizioni sarebbe rischioso far tornare tutti a scuola. Ai dirigenti si aggiungono i presidenti di Regione che fanno capire come l’ipotesi lanciata un mese fa non sia più praticabile. A maggior ragione con un indice di contagio che non dà segnali di miglioramento e con un carico sul sistema ospedaliero sempre più gravoso.
L’elemento dei contagi ha infatti molto a che vedere con la scuola. Se è vero che i ragazzi hanno una probabilità minore di contagio è altrettanto vero come rappresentano un efficace mezzo di trasporto per il Covid- 19 che attraverso di essi potrebbe entrare nelle famiglie e aumentare ancora di più il livello dei contagi.
Siamo quindi da capo con un approccio ideologico alla scuola in presenza sistematicamente smontato dalla realtà. Diventa sempre più preoccupante il non coinvolgimento degli studenti nelle decisioni sul loro futuro. Gestiti come pedine utili a una strategia comprensibile solo al mondo degli adulti.
È struggente vedere la politica appoggiare le proteste civili degli studenti desiderosi di tornare nelle loro aule salvo poi non coinvolgerli nelle comunicazioni istituzionali. Imbarazza la finta comprensione delle ragioni degli studenti lasciati poi senza alcuna risposta e responsabilizzazione.
Nessuno degli interventi del Presidente del Consiglio è stato rivolto a chi sarà marchiato a vita come la “generazione del 2020”. Una finta delega alle famiglie quando è risaputo che queste non vengono percepite come autorità solenne nell’età adolescenziale. Si corre dunque il rischio di lasciare soli i genitori “carcerieri” per il disinteresse elettorale nei confronti di una folta classe sociale.
Promesse fatte con la lungimiranza di un dinosauro estinto. Appelli indiretti alla costante ricerca di un mediatore. Una colpevolizzazione senza la presupposta responsabilizzazione come a dire che tanto i ragazzi di oggi non saranno gli adulti cittadini di domani quindi, anche se li frulliamo come macinato pronto per il ragù, va bene lo stesso.
Così al 4 gennaio non è dato ancora sapere se il 7 servirà lo zaino o un computer dal quale collegarsi.
Federico Feliziani
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