Hard Times for Dreamers è un ipotetico film di convenienza che la mia generazione ha già visto agli albori del 2008: una crisi economica che ha cambiato per sempre lavoro, modo di vivere e progetti futuri. Ma stavolta la crisi è diversa se non addirittura peggiore perché in primis sanitaria. E poiché una crisi senza precedenti prevede misure senza precedenti, le voci secondo cui “niente sarà più come prima” diventano una realtà accertata e condivisa.
A cosa fa riferimento, però, il “prima”? Davvero siamo legittimati a pensare all’esistenza di un 2020 d.C. (dopo Coronavirus) e un a.C. (avanti Coronavirus)? Davvero con il “niente” si comprende il “tutto”? E come sopravvivere al cambiamento repentino?
Quarantena: uno sguardo alla società italiana…
Calorose strette di mano, tavolate numerose, attaccar bottone col primo che passa. L’italiano è per sua natura un essere sociale e, di fatto, la quarantena il suo nemico più atroce. Ma capendo l’importanza e la gravità della nuova situazione, abbiamo seguito gli ordini e dimostrato grande capacità di adattamento, unica ad oggi per quelle generazioni che non hanno vissuto la guerra. Forse dopotutto non è così male vivere il tempo piuttosto che rincorrerlo; non è così grave dedicarlo alle piccole cose o alle persone che hai di fianco. Non parliamo poi dello smart-working, un’abitudine a cui sicuramente pochi rinunceranno in futuro.
Dopo solo pochi giorni di isolamento riusciamo già a percepire il rallentamento dei nostri ritmi, la ridefinizione delle priorità, il nuovo modo genuino di pensare. Non si torna certo indietro, si può solo andare avanti ed è così che questa volontà di reagire al Coronavirus che ci sta mettendo in ginocchio esce dalle finestre e si trasforma in flash mob, hashtag improbabili, messaggi sui social, videochiamate all’amico che non vedi dalla cena di classe del 2002. Perché abbiamo un tremendo bisogno di infonderci speranza l’un l’altro. Chissà che non diventiamo tutti un po’ più altruisti, dopo la fine di questa brutta storia.
… e alla democrazia
Ma se da una parte la società evolve, ruota su se stessa e sfocia nell’“individualismo sociale”, forse non possiamo dire lo stesso per la democrazia, questa amica da troppo tempo data per scontata. Infatti ciò che cura la quarantena intorpidisce la libertà mettendola a dura prova. Non esistono più luoghi di ritrovo, gli assembramenti diventano illegali, avere il cane da portare fuori una fortuna e tutto ciò che si pensava di organizzare fuori casa deve essere rimandato a data da destinarsi. E l’assenza di contatti si ritrova non solo nelle condizioni ad personam, ma addirittura nell’impersonificazione del popolo tutto, ovvero il Parlamento.
Che ruolo mantiene un Parlamento che già ieri era stato scavalcato dai decreti legge, ma che addirittura oggi non viene nemmeno interpellato essendo il Governo appoggiato da validazione scientifica? Come può riunirsi fisicamente un Parlamento quando la prima regola dettata dal Governo è quella di evitare i contatti sociali? Ma soprattutto come può il confronto tra camere, lento per natura, competere con la velocità delle dirette Facebook dell’Esecutivo, molto più vicine alla società di tutti i giorni? Nel reagire al Coronavirus l’incertezza regna sovrana e getta nell’oblio anche le istituzioni più antiche e riconosciute: vedremo chi avrà la meglio.
Economia non portarci via!
Sperando che la manovra da 25 miliardi “sia Conte e non dietro di te”, gli unici a non godersi la quarantena sono i titolari di aziende, tra cui possessori di partita iva. Inutile negare che l’Italia è sempre stata il baluardo dello Stato sociale. Se, infatti, la disoccupazione e la cassa integrazione sono le misure più giuste per sostenere gli ex-lavoratori in difficoltà, dall’altra parte non sarebbe corretto concederlo a chi se ne approfitta. Non essendo però questa sede di polemica, l’unico risultato su cui destra e sinistra sono sempre state d’accordo è il vertiginoso aumento del debito pubblico e dello spread collegato, che mai come oggi fa così paura.
Poiché il debito è molto alto, l’Italia avrà la capacità economico–finanziaria di sostenere tutti i lavoratori senza discriminazioni? Quando Conte afferma “lo Stato c’è” si rivolge solo ai dipendenti o anche alle partite iva che non hanno mai avuto né disoccupazione, né ferie, né malattie pagate? Quelle aziende che hanno perso le commesse per poi non rivederle mai più, riusciranno a risollevarsi grazie agli aiuti statali? E i negozi che per primi hanno chiuso i battenti causa provvedimento? Attendiamo più o meno fiduciosi la seconda puntata del decreto Cura Italia.
Fermati fisicamente, non mentalmente
Forse è troppo presto per parlare di Hard Times for Dreamers II: dopotutto le istituzioni sovranazionali hanno schierato tutte le loro forze e forse scivoleremo senza schiantarci, ma chi lo sa. Tuttavia anche se abbiamo avuto tempo di prepararci al peggio, le domande si affollano impetuose durante il periodo dell’isolamento casalingo. Ed è per questo motivo che vorrei dare un consiglio a chi sta leggendo queste righe.
Quando questo incubo finirà (perché finirà) non fatevi trovare impreparati. Reagite al Coronavirus utilizzando il tempo morto per renderlo produttivo: leggete, studiate, informatevi, create. Perché se il 2008 ha cambiato in peggio abitudini, stili di vita e di lavoro, il 2020 (e tranquilli che basterà solo il numero per definire la crisi) non farà altro che approfondire il discorso. Abbiamo già imparato la lezione quando dodici anni fa le milestone studiare-trovare lavoro-mettere su famiglia sono state stravolte. Del resto siamo noi la generazione Borderlain. Mantenetevi attivi affinché siate pronti a partire con la rincorsa e non lasciatevi andare ai tempi morti. Perché la vita è piena di tempi morti, sta solo a noi decidere se sfruttarli o sprecarli. Come non vi siete arresi allora, non fatevi abbattere dalle scuse oggi.
Non credete più alla scusa del “non c’è lavoro”: lo si crea. Non aspettate più il tempo indeterminato: cambiate azienda facendo ogni volta possibilmente un salto di livello. Non credete più alle garanzie: l’unica garanzia deve essere la vostra volontà. Non ricercate più la speranza: è più importante l’azione.
E quando facciamo su e giù in camera perché magari siamo già un po’ miopi ma il Coronavirus offusca proprio il nostro futuro, diventiamo altrettanti milioni di ragazzi nella nostra stessa situazione fisica e mentale, che pensano che oggi sono stati stoppati ma non sarà per sempre, che verrà il giorno e con lui il nostro momento. Troveremo il nostro posto nel mondo.
E allora reagire al Coronavirus significherà “sticazzi” per chi ci ha detto o fatto capire che non eravamo abbastanza.