Che l’elezione del successore di Sergio Mattarella fosse un enigma ma non ci saremmo mai aspettati in questi termini. Nomi, atteggiamenti e silurati che sicuramente faranno entrare nella storia questa elezione del Presidente della Repubblica.
La crisi della politica: emerge tutta in cinque giorni
Era noto come non saremmo arrivati in fretta a un nuovo Capo dello Stato: ce lo raccontava il numero dei grandi elettori diviso fra i diversi schieramenti. Il Centrodestra e il Centrosinistra hanno più o meno lo stesso numero di voti a disposizione per eleggere il Presidente della Repubblica. Si diceva che il Centrodestra avesse più peso ma comunque non sufficiente ad eleggere autonomamente un presidente di area. Si sapeva quindi della necessità di un accordo fra le parti.
Quello che non si sapeva era come si sarebbero mossi i singoli partiti guidati da leader decisamente deboli. Fino allo scorso fine settimana il Centrodestra era tutto fuori Arcore con i San Bernardi Salvini e Meloni che pendevano dalla bocca di Silvio Berlusconi che, assunto Sgarbi come centralinista, stava cercando i voti per diventare Presidente della Repubblica. Ricoverato il Cavaliere al San Raffaele la coalizione si trova sprovvista di nomi da votare alla prima votazione.
Iniziamo così a fioccare schede bianche lette da Roberto Fico alla presidenza della seduta quirnalizia. Una dinamica che si ripete per le tre prime votazioni con sporadiche eccezioni come il nome di Guido Crosetto portato in treza votazione da Fratelli d’Italia e che ha ottenuto più dei voti guidati da Giorgia Meloni.
Nel frattempo Matteo Salvini, con in mano forse l’elenco dei giuristi più importanti del Paese, inizia a fare nomi che puntualmente vengono bocciati dal Centrosinistra che però non avanza proposte alternative. A parte i due nomi che non hanno mai lasciato i corridoi di Montecitorio: Pier Ferdinando Casini e Mario Draghi oltre a quello di Sergio Mattarella sempre pronto nel caso si dovesse certificare l’impossibilità di un accordo.
Fino ad arrivare alla quinta votazione di ieri quando Matteo Salvini decide di bruciare la Presidente del Senato Casellati, e puntualmente avviene con 382 voti.
La soluzione è vicina? O rischiamo di dover seguire Sanremo e Montecitorio in contemporanea?
Un numero elevato di votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica è normale. Quello che è più sorprendente sono le scelte delle forze politiche con il Centrodestra che ha portato al rogo nomi prestigiosi, e il Centrosinistra che ha intrapreso il ruolo di raccattapalle per cinque giorni. Il punto vero è che per questo Presidente della Repubblica non si può parlare di spallate di una parte a discapito dell’altra. L’accordo è indispensabile.
Può essere vicina la soluzione come no. Può vincere il grande ed eterno centro di Casini come può perdere l’intera politica chiedendo a Sergio Mattarella di rescindere il contratto d’affitto appena stipulato.
Quello che è certo è il livello rasoterra delle forze politiche che paiono isolate all’interno del mondo moquettato dei giochi di palazzo.