“Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” è un romanzo per ragazzi scritto da Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini. La storia sembra una rilettura libera del romanzo di formazione: vediamo infatti il birbante che, attraverso insidie e prove iniziatiche, diventa alla fine un ragazzo maturo.
Per questo motivo, l’accostamento letterario de “Le avventure di Pinocchio” di Collodi alle “Metamorfosi” di Apuleio risulta tutt’altro che assurdo. I due libri, infatti, si inseriscono in quel genere di letture che spazia tra il fantastico ed il fiabesco, i cui protagonisti principali sono uniti da due notevoli concessioni: la metamorfosi e il desiderio di conoscenza.
Nelle Metamorfosi, Apuleio racconta di Lucio, giovane benestante che si reca in Tessaglia, terra di stregoneria, e si fa possedere da sesso e avidità. Convinto dall’amante, beve un filtro magico e si trasforma in asino. Anche Pinocchio diventa asino per avidità di piaceri: anch’egli deve affrontare fatiche e prove per diventare umano. Nasce burattino e vuole diventare un “bambino vero”.
Attraverso le loro diverse esperienze di vita, spinti da un’irrefrenabile curiosità che li spinge ad inoltrarsi verso sentieri impervi e sconosciuti (la magia per quanto riguarda Lucio e la ribellione per quanto riguarda Pinocchio), i protagonisti di questi due capolavori della letteratura dovranno affrontare e superare una serie di rocambolesche avventure dai contorni fantastici e paradossali, per poter raggiungere la loro piena maturità. Le prove che dovranno superare, le sopraffazioni e le angherie che saranno costretti a sopportare rappresentano una sorta di penitenza e di purificazione, attraverso le quali potranno finalmente riscattarsi.
Sono storie di iniziazione, storie che ci ributtano dentro di noi, che ci indicano il sentiero della nostra evoluzione, il punto di partenza e la meta.
Notiamo che, inizialmente, Pinocchio è niente più di un ciocco di legno che, modellato dalle mani di Mastro Geppetto prende forma umana: è però già dotato di vita e di capacità comunicativa fin dalla prima pagina del libro (per il principio enunciato da Talete per cui “tutto è pieno di dei”).
Allo stesso modo, il personaggio di Lucio, nonostante sia perfettamente umano sin dall’inizio dell’opera, si presenta ai nostri occhi con le sue parole come grossolanamente sbozzato, proprio come un ciocco di legno, lasciandoci intendere soprattutto di essere un individuo profondamente materialista.
Sia l’uno che l’altro, spinti dagli istinti più sfrenati, finiranno per trasformarsi in asini, ma mentre per Lucio ciò avverrà all’inizio dell’opera e costituirà il filo conduttore di tutte le sue vicende, per Pinocchio ciò rappresenterà il culmine di una lunga serie di peripezie (e sarà l’evento che lo porterà in mare, nel ” ventre del pescecane”, metafora del ventre materno e quindi della rinascita iniziatica).
L’asino è l’animale stupido, recalcitrante e tardo. È simbolo dei più bassi appetiti, rappresenta le energie più impure, l’incapacità di guardare in alto: il nostro stato usuale quando siamo immersi nel mondo, trascinati irrimediabilmente verso il basso. Ci si riesce ad affrancare da questa condizione solo aspirando ad uno stato superiore, alla maturità civile e emotiva, la parte “divina” di ognuno di noi.
È questo il tragitto di Lucio-asino e di Pinocchio-burattino-asino. Nella loro trasformazione, vivono lo stato in cui si è a metà tra l’animale e l’umanità vera, quando non si è portato ancora a compimento il processo evolutivo e non è ancora stata trovata la parte divina che alberga dentro l’uomo e che lo rende veramente adulto e responsabile verso se stesso. Formato e non grossolano.