Piazza Maggiore
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Piazza Maggiore, dalla culla a Lucio Dalla

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A Bologna, una delle città italiane più antiche e dense di storia, Piazza Maggiore costituisce un salotto nobile disegnato e ammodernato a più riprese a partire dal XIII secolo.

Costruita intorno al 1200, essa ha infatti subìto nel corso dei secoli una serie di trasformazioni ed importanti restauri, tra i quali annoveriamo quelli condotti da Alfonso Rubbiani per il Palazzo del Podestà, il Palazzo del Re Enzo e il Palazzo dei Notai.

Estendendosi in lunghezza per circa 115 metri e in larghezza per 60, oggi Piazza Maggiore risulta circondata da alcune delle più importanti campane cittadine, che dal Medioevo scandiscono il ritmo degli eventi civili e religiosi (la campana della Torre dell’Arengo di Artistotele Fioravanti  e le quattro campane di San Petronio), e, da alcuni dei più importanti edifici della città, che fungono da “quinte sceniche”: ad ovest si affacciano Palazzo d’Accursio (sede del Comune), il Museo Morandi e le Collezioni Comunali d’Arte; a sud, di fronte al Palazzo del Podestà, si eleva la facciata incompiuta della Basilica di San Petronio; chiude infine a est il Palazzo dei Banchi con il portico dell’ Archiginnasio (chiamato comunemente “il Paviglione”), sede medievale dell’ Università di Bologna e una delle più fornite biblioteche italiane ed europee.

Al centro della piazza,invece, è collocato un rettangolo in granito rosa, “Il crescentone”, cioè una piattaforma pedonale costruita nel 1934 e diventata un luogo simbolico perché fu il palcoscenico scelto dai bolognesi per festeggiare la liberazione nel 1945 (la goia di quel giorno è testimoniata ancora adesso dalle lesioni sul lato orientale ad opera di un carrarmato statunitense).

A questa piazza, simbolo di una città “dotta,grassa e rossa”, Lucio Dalla dedicò nel 1972 la sua “Piazza Grande”, manifesto/denuncia di una vita di stenti e privazioni di una delle categorie sociali più emarginate: i clochard. La canzone è anche un’allegoria della condizione umana, nella quale siamo tutti un po’ simili al barbone di Piazza Grande (“a modo mio avrei bisogno di carezze anch’io, a modo mio, avrei bisogno di sognare anch’io).

 

Katia Ricci

 

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