Quanto è importante lo spazio pubblico e il bisogno del cittadino? Quanto conta il livello di comfort delle aree che quotidianamente viviamo? La risposta non può che essere “moltissimo”, e i ragazzi di Needle lo sanno perfettamente. È infatti dal 2015 che questo collettivo multidisciplinare, di stanza a Milano e a Napoli (dal 2018), ascolta i molteplici bisogni dei cittadini e li coinvolge in progetti collaborativi.
Laddove le aree “a misura d’uomo” vengono fagocitate dall’espansione urbana, Needle (che in inglese significa ago, e che contiene al suo interno la parola need, bisogno) interviene con la tecnica così definita dell’agopuntura urbana: le “piccole punture” tipiche della tradizione medica cinese vengono cioè applicate, in via metaforica, allo spazio urbano. Piccole punture, alias piccoli gesti, per grandi benefici all’organismo quartiere, città e società.
Abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con la sede napoletana del collettivo, nato nel 2018 da un gruppo di ragazzi conviventi nel quartiere napoletano della Sanità. Amicizia, affinità professionali e consapevolezza territoriale hanno portato all’attuale progetto di lavoro nel quartiere di Scampia, che si sta ultimando proprio in questi giorni (22 -28 giugno) con la riqualificazione di un’area verde denominata pinetina Monterosa.
La collaborazione territoriale e disciplinare è un tema che acquista sempre maggiore importanza nei centri urbani in evoluzione. In che modo spieghereste alle persone l’importanza di questo processo, e in che modo le invitereste a partecipare?
In un mondo che spinge sempre più verso una specializzazione dei ruoli e delle competenze, la multidisciplinarietà diventa un concetto chiave per poter affrontare la complessità delle città contemporanee e i bisogni di chi le abita. Ed è proprio su questa riflessione che si basa il nostro collettivo, il cui intento primario è quello di raccogliere e restituire alla città competenze e conoscenze. Ci definiamo dei “facilitatori” nel processo di riappropriazione degli spazi pubblici anonimi e della loro trasformazione in beni comuni, disegnati sulle esigenze delle comunità locali.
Crediamo fermamente che si instauri sempre un legame fortissimo tra gli abitanti e i luoghi che vengono abitati. Le persone hanno un ruolo fondamentale, sia come fonte di conoscenza dell’uso e della memoria dei luoghi, sia come attori principali della trasformazione e dei futuri usi degli spazi rigenerati: per questo motivo, per noi l’ascolto e la costruzione di tavoli di discussione con gli abitanti sono momenti imprescindibili per impostare e condividere il piano di lavoro.
Quali sono i criteri che seguite nella scelta di aree urbane da rigenerare?
Il nostro sguardo punta principalmente su aree abbandonate, sottoutilizzate o potenzialmente trasformabili. Le individuiamo attraverso un processo di mappatura collaborativa in cui proviamo a coinvolgere il maggior numero di abitanti, per tradurre le loro esigenze e necessità in una mappa consultabile. Da questa bisogna poter trarre i dati necessari per sviluppare degli interventi microarchitettonici che pur di piccola portata, siano forti e validi dal punto di vista dell’impatto sociale.
Parliamo allora di Needle Scampia, l’agopuntura che avete applicato al quartiere napoletano. Quali fasi e azioni avete seguito? Qual è stata la risposta degli abitanti?
Il progetto proposto a Scampia ha vinto il concorso Creative Living Lab II, edito dal MIBACT e dal DGCC. Con Needle Napoli e enti del quartiere (APS Jolie Rouge, associazione Banda Baleno, squadra di calcio popolare Stella Rossa 2006), si è messa in campo la rigenerazione dello spazio urbano attraverso l’autocostruzione di arredi. Sia l’area che gli elementi di arredo sono stati progettati in maniera partecipata con la comunità territoriale di Scampia, uno dei quartieri più verdi della città di Napoli.
La rete si è immediatamente ampliata per volontà di altre realtà di Scampia, che hanno scelto di contribuire alla realizzazione del progetto. Nella fase di mappatura ed inchiesta hanno partecipato anche studenti universitari di architettura, urbanistica, sociologia ed indagine fotografica, nonché le studentesse e gli studenti del Liceo delle Scienze Umane e Sociali Elsa Morante di Scampia.
La seconda fase, subito dopo l’individuazione dell’area da rigenerare – la pinetina Monterosa – e dei temi da sviluppare, ha visto l’organizzazione di un workshop di design per trasformare materialmente le ambizioni degli abitanti.
L’ultima fase, che ci accingiamo a terminare, è iniziata con la piantumazione e la risistemazione del verde secondo i criteri della permacultura e proseguirà con l’autocostruzione degli arredi e del masterplan sviluppato in fase progettuale. Il tutto avverrà non solo con l’ausilio di professionisti del settore, ma anche assieme agli abitanti e a chiunque voglia partecipare al cantiere aperto.
Esternalità positive: ne avete già valutate o individuate alcune, nonostante il Covid-19 abbia rallentato le attività?
Per ora siamo sicuri che l’opera di piantumazione sostenuta secondo i metodi di permacultura ed effettuata durante la prima fase di autocostruzione, stia dando i suoi “frutti”: le piante sono rigogliose e floride, nonostante la poca cura che si è potuta dedicare loro durante il periodo di lockdown e quindi a riprova che “l’esperimento è riuscito!”.
Tuttavia, uno dei risvolti positivi più apprezzabili si rintraccia sicuramente nell’entusiasmo delle comunità locali, degli abitanti e delle associazioni in partnership all’interno del progetto: tutti si sono rivelati affezionati e intenzionati a prendersi cura della pinetina, seguendo i consigli per la cura del verde che hanno avuto la possibilità di apprendere durante il lavoro svolto finora.
Cosa vi aspettate dall’ultima fase di autocostruzione in pinetina Monterosa? Credete che un lavoro di questo tipo possa offrire un aiuto concreto all’amministrazione urbana delle città?
Dall’autocostuzione ci aspettiamo di restituire un parco diverso, un giardino per le comunità, aree in cui passare il tempo libero e vedere i bambini giocare. Ritrovare uno spazio di vita, che appartiene a tutti. Un bene comune riconosciuto come tale, che deve essere vissuto e curato come una stanza della casa comune che abitiamo. Speriamo anche che questo sia solo il primo ago piantato sulla “pelle” del quartiere e che altri ne possano seguire.
L’aiuto concreto che possiamo fornire alle amministrazioni sta sicuramente nella costruzione di focus group con le comunità, volte all’ascolto e alla partecipazione. Crediamo, infatti, che attraverso pratiche inclusive che mettano al centro l’appartenenza al proprio territorio si possano stimolare comportamenti virtuosi e trasformazioni che rendano gli spazi a misura d’uomo per una città più bella, vivibile e in grado di attrarre nuove opportunità per i giovani.
Avete già dei progetti futuri con aziende o città? In che modo i giovani o le persone interessate possono contattarvi per partecipare ed entrare a far parte di questo grande progetto?
Sia a Napoli che a Milano abbiamo in cantiere altri progetti che coinvolgono sia realtà private che enti ed amministrazioni pubbliche. Uno di questi, nato e sviluppato durante il periodo della quarantena, punta a mettere in connessione le varie realtà locali anche a distanza sul territorio nazionale, creando scambi culturali e sociali.
Siamo in continua ricerca di nuove partnership e collaborazioni per accrescere il nostro bagaglio di conoscenze e competenze, oltre che aperti a giovani e brillanti figure da inserire nel nostro organico. Chiunque sia interessato al progetto Needle può arrivare a noi tramite i contatti presenti sul nostro sito oppure direttamente tramite social.
Ringraziamo in particolare la D.ssa Livia Pacera, fotografa e storica dell’arte del collettivo Needle Napoli, per la sua disponibilità.