Il movimento delle sardine sembra avere tutti i numeri per aggregare chi non si sente rappresentato. Da capire è se la politica comprenderà il messaggio
Quando sulla scena politica si crea un vuoto prima o poi qualcuno tenta di riempirlo. È il caso delle “Sardine” che sembrano avere il vento in poppa nel rappresentare chi non trova un riferimento politico. Ma abbiamo capito bene che cosa il cosidetto popolo delle sardine chiede?
Il movimento nato a Bologna dall’appello di quattro trentenni ha tutte le caratteristiche per fare strada e diventare un soggetto aggregante di stimolo alla classe politica.
Fino a questo momento il movimento delle sardine è stato identificato con l’opposizione civile a Matteo Salvini. Un accostamento riduttivo dovuto alla prima manifestazione organizzata a Bologna in occasione dell’apertura della campagna elettorale di Lucia Borgonzoni al Pala Dozza.
Salvini poteva rappresentare in quell’occasione l’incarnazione del concetto contestato dalle sardine. Un concetto ben più articolato dell’opposizione alla Lega. La preoccupazione cioè per un clima estremizzato nel quale stanno emergendo i sentimenti più beceri. Un clima nel quale la semplificazione sembra conquistare l’intero spazio a scapito della riflessione.
Dal punto di vista comunicativo un po’ di errori sono stati commessi; non di sostanza ma sufficienti per dare adito a narrazioni fuorvianti e riduttive. Definire il movimento come apolitico è uno di questi. Ciò che le sardine portano nelle piazze d’Italia è assolutamente politico. Semmai il movimento si può definire apartitico ma la politica, intesa come impegno civile per la cosa pubblica, gli appartiene decisamente.
Un secondo errore, se lo si vuole definire in questo modo, è aver fatto coincidere la prima discesa delle sardine con l’evento della Lega per l’Emilia Romagna. Una concomitanza giustificata sul territorio emiliano dove si stanno avvicinando le elezioni, meno comprensibile nel resto del Paese lontano da appuntamenti elettorali.
È pur vero però che serviva una goccia dalla quale partisse il movimento. Adesso le sardine dovranno avere la forza di rivendicare i loro bisogni oltre Matteo Salvini e la Lega.
Le sardine si rivolgono anche alla sinistra domandando una reazione decisa e rappresentativa: particolare al quale si rischia di non dare la giusta importanza.
È proprio questo che dovrebbe preoccupare la classe politica. Le sardine stanno chiedendo qualcosa in cui credere, stanno lamentando l’assenza di una politica che ritrovi il proprio valore.
Ecco perché è riduttivo identificare il “popolo delle Sardine” come il solo antagonismo a Matteo Salvini. Ed è per questo che qualunque parte politica voglia identificarsi con questo movimento commette un errore rischiando di far ritirare le sardine sui loro scogli.
Non è l’identificazione e la rivendicazione nei confronti delle sardine il compito della politica. La politica dovrebbe invece allarmarsi e mettersi al lavoro per una risposta concreta alle migliaia di persone che stanno scendendo in piazza.
L’ascolto delle tante voci è quello che chiedono le sardine. Troveranno chi è disponibile ad ascoltarle o si imbatteranno in squali pronti a colonizzare gli arcipelaghi?