Ci stiamo per mettere alle spalle una settimana politica che ricorderemo a lungo come il tempo dello scontro finale nel Movimento Cinque Stelle. Beppe Grillo ha scelto: sarà lui il capo rispondendo con toni piuttosto aspri alla conferenza stampa di Giuseppe Conte. Poi però ci siamo anche scontrati con la realtà del carcere Uccella in provincia di Caserta che ha mostrato la scarsa visione della politica per quello che è un settore fondamentale per la società.
Grillo ripropone il VDay. Ma questa volta il “vaffa” è per Giuseppe Conte
La settimana era iniziata con la conferenza stampa con la quale Giuseppe Conte ha risposto alle critiche del fondatore del Movimento Cinque Stelle. Conte lo ha fatto esponendo l’idea di movimento su cui stava lavorando da mesi su incarico dello stesso Grillo. Una proposta che sarebbe stata messa in votazione e che, se fosse passata, avrebbe incoronato Conte leader del Movimento Cinque Stelle.
Già a questa conferenza stampa non si è arrivati con toni distesi. Un post sul blog di Beppe Grillo aveva colpito pesantemente Conte il quale, dopo alcuni giorni di trattative, proprio in quella conferenza stampa ha replicato chiedendo fiducia al fondatore del Movimento Cinque Stelle. Fiducia poi non arrivata, anzi: Grillo ha ribadito come Conte abbia scarsa capacità organizzative e come non conosca davvero il Movimento. Parole roboanti che fanno rimanere decisamente perplessi sulla qualità dei rapporti fra il leader in pectore dei Cinque Stelle e colui che è riuscito a portarli al governo del Paese.
La risposta di Grillo non è stato infatti solo un duro attacco verbale; il fondatore, per mandare un segnale di rottura con l’ex Presidente del Consiglio ha scelto un gesto da vero uomo di palcoscenico riaprendo i rapporti con Davide Casaleggio. Poco più di due settimane fa Conte era riuscito a ottenere i dati degli iscritti conservati nella pancia della CasaleggioAssociati.
Troppo spesso si usa l’immagine del terremoto politico ma questa volta è proprio il caso di utilizzarla. Siamo a un punto preciso della storia del Movimento Cinque Stelle: un punto molto basso da cui difficilmente si risolleverà. Conte era la persona che avrebbe potuto traghettare il Movimento verso una forma partito archiviando la fluidità dei primi anni così da andare a occupare gli spazi politici vuoti.
Grillo riporta indietro l’orologio di cinque anni, distrugge il lavoro di Di Maio pretendendo un movimento involuto che ripudi tutti i passi fatti in questi ultimi anni.
Da capire adesso cosa accadrà sia nel Movimento Cinque Stelle nuovamente in mano a Grillo e Rousseau, sia nella maggioranza di governo ma non solo. A Bologna e Napoli, dove Conte aveva stretto un accordo con il Partito Democratico sarà tutto da rifare con il rischio, per Matteo Lepore, di avere uno sfidante in più alle prossime amministrative.
Ma la mossa di Grillo apre una stagione di trasformismo parlamentare. Le pattuglie del Movimento Cinque Stelle in Parlamento potrebbero perdere qualche componente. O verso un nuovo partito di Conte o a favore di una delle sigle presenti. Il primo potrebbe essere Luigi Di Maio che, dopo aver assaporato l’anima governista, non ci penserà neanche a tornare verso un modello Di Battista.
Forse nessuno avrebbe scommesso su questo errore dovuto alla megalomania di Grillo. Invece il colpo di scena è arrivato e da adesso potrebbe cambiare tutto il film.
Non parlarne non fa cessare le violenze nelle carceri. La politica non sembra averlo ancora imparato
Lasciamo ora il borsino della politica per affrontare un tema che di politico in realtà avrebbe molto, se solo non fosse sistematicamente gettato nell’obblio.
Il quotidiano Domani questa settimana ha mostrato cosa è accaduto nel carcere Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile dello scorso anno. Immagini che ci riportano a parlare di tortura nelle carceri: 117 agenti penitenziari hanno attivato un sistema di tortura all’interno della casa circondariale casertana. La procura parla proprio di tortura: persone detenute manganellate e strattonate, trattate come “bestie”, tutto ben documentato da chat su cui gli agenti si divertivano a commentare il loro squallore.
Il caso di Santa Maria Capua Vetere apre una questione politica: per questo gli dedico una parte di questa rubrica. Quando uomini e donne dello Stato violano i diritti umani trattando come animali persone che si trovano sotto la loro custodia la politica è sempre chiamata in causa.
Ancora una volta vediamo la tortura all’interno del nostro Paese. In questo caso la vediamo solo perché, le condotte degli agenti, sono state reiterate nel tempo. Sì perché, se le violenze fossero avvenute solo una volta, in quel caso allora non si sarebbe configurato il reato di tortura.
È un tema estremamente tecnico ma squisitamente politico che mette in luce il vuoto normativo di una legge approvata solo nel tentativo, mal riuscito peraltro, di non fare più multare l’Italia per inadempienza ai trattati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Il caso del carcere Uccella ci riporta prepotentemente alla casella di partenza in termini di prevenzione. Non esiste una legge quadro che si occupi di prevenire gli abusi in divisa. In compenso c’è chi, come Matteo Salvini, darebbe pistole taser a tutti gli agenti di polizia penitenziaria ignorando come quegli oggetti siano considerati strumenti di tortura.
La politica sembra considerare le carceri come lo sgabuzzino di casa. Un luogo nel quale rinchiudere gli oggetti sgraditi posti alla rinfusa. Ignora come proprio le carceri siano un nodo strategico del sistema sociale.
Lo comprenderemo prima o poi? Non lo so. Se preferiamo stanziare soldi per pagare multe piuttosto che approvare una legge sostanziale e non solo apparente, sorgono molti dubbi su come il ragionamento espresso poco sopra possa essere afferrato da chi dovrebbe considerare tutti (tutti) i cittadini.