Quest’anno di pandemia è stato un incredibile stress test per il mondo del mercato dell’arte. Appassionati e collezionisti non possono certo asserire di essere rimasti a bocca asciutta per quanto concerne news ed escalation dei prezzi per i lotti più importanti.
La risposta alla crisi è digitale
“Feticismo da salotto”, potrebbe dire qualcuno. Ebbene, seppur le circostanze della nostra quotidianità possano dare supporto a questa opinione dal punto di vista topografico, le cose stanno diversamente: prendiamo in considerazione il fenomeno non solo dal punto di vista meramente economico, sì, ma anche sociale e politico. Il gioco -che poi tanto gioco non è- della resilienza alla contrazione della mobilità delle persone, di cui il mercato dell’arte può fare faticosamente a meno, ha spinto un intero settore a reinventarsi rapidamente sotto la bandiera di uno dei grandi mantra della contemporaneità: il digitale. Inoltre, la crisi senza precedenti di tutti gli altri comparti del modo della cultura ci stimola ad una riflessione sul tema sempre più dirimente della interdipendenza tra arte, cultura, politica ed economia.
Cifre da capogiro: la top 3 delle opere più “care”
È del giugno 2020 il lotto dal valore economico più alto aggiudicato all’asta da Sotheby’s: Triptych inspired by the Oresteia of Aeschylus di Francis Bacon è stato alienato per ben 84,5 milioni di dollari. L’opera è un trittico che si può ben ascrivere alla potente sensibilità di Bacon per i grandi classici della storia dell’arte occidentale, che il pittore reinterpreta in chiave espressionista e surrealista, creando delle figure mostruose rese deformi dal dolore della condizione umana.
Ad occupare il secondo gradino del podio è un grande maestro del Rinascimento italiano: Sandro Botticelli. Lo scorso 28 gennaio a New York, sempre da Sotheby’s, è stato venduto il Ritratto di giovane con tondo in mano per la cifra record di 76 milioni di euro. Appartenuto al fisico Thomas Ralph Merton, l’altissimo prezzo di aggiudicazione conferma il grande successo che il genere del ritratto continua a riscuotere tra i collezionisti di tutto il mondo – basti pensare al secondo ritratto di Adele Bloch-Bauer di Klimt, che nel 2016 fu acquistato per 123 milioni di euro.
La medaglia di bronzo spetta al clamoroso output di 69,3 milioni di dollari raggiunto dal graphic designer Beeple con il suo collage virtuale Everydays. The First 5000 Days, avanguardia della nuova frontiera della “crypto-art”.
Menzione d’onore
Ben più convenzionale (si fa per dire, viste le cifre in ballo) è il fenomeno Jean-Michel Basquiat. Il costante e vertiginoso trend dei prezzi delle sue opere rendono l’artista americano un caso da monitorare. L’ultima incredibile vendita risale, infatti, al 23 marzo, quando da Christie’s ad Hong Kong è stato battuto all’asta Warrior di Jean-Michel Basquiat per 41,7 milioni di dollari. Già di per sé fa notizia la cifra, che ha stabilito un nuovo record per la vendita di un opera occidentale nella sede asiatica. Se, inoltre, ci si accorge che il valore di Warrior si è moltiplicato di quasi otto volte rispetto all’ultima sua alienazione nel 2012 da Sotheby’s a Londra, allora la pelle d’oca è assicurata. Ma questo è solo l’ultimo episodio di una lunga lista. Non parliamo, infatti, solo del record personale di 110,5 milioni di dollari risalente a quattro anni fa, ma anche di Boy and Dog in Johnnypump, passato di mano in sordina la scorsa estate per un’imprecisata cifra compresa tra i 90 e 125 milioni di euro. Inoltre il 12 maggio a New York Sotheby’s offrirà all’asta un inedito di Basquiat, Versus Medici, stimandolo 35-55 milioni di dollari.
L’arte e la fame
La domanda sorge spontanea: di questi tempi tutti questi soldi per delle opere d’arte? La questione è più che legittima, perché se è vero che musei, gallerie, lavoratori autonomi e operatori vari del settore artistico e culturale sono ancora pericolosamente impantanati in una situazione che attualmente non offre alcuna concreta possibilità di ripresa, è altrettanto vero, invece, che le case d’asta sono riuscite in buona parte a far fronte alle numerosissime difficoltà del momento. Certo, qualche piccolo escamotage come le private sales c’è stato eccome, al punto da far alzare la soglia di guardia a diversi galleristi. Ma il punto non è questo; o meglio, in questo momento esso è prettamente secondario. La vera chiave di volta sta nelle vendite online e, quindi, nella capacità di transizione al digitale. È proprio grazie alla sua maggiore aderenza a questa realtà, infatti, che Sotheby’s ha potuto battere la rivale Christie’s nel fatturato per l’anno 2020. Passando all’altra parte della barricata, invece, i buchi di bilancio sono talmente drammatici da stimolare soluzioni drastiche e, se non proprio pericolose, quanto meno di dubbio valore etico. Il Metropolitan Museum of Art di New York, ad esempio, starebbe infatti valutando la possibilità di alienare alcuni pezzi pregiati della propria collezione. Non per acquistarne dei nuovi, ma per avere liquidità disponibile. Stando così le cose, è molto facile che le conclusioni che il lettore trarrà autonomamente potrebbero risultargli piuttosto indigeste.
Leonardo Marchesini
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