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Cultura

“Masculinities”: dopo il femminismo, liberiamo anche il corpo maschile

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Dai movimenti femministi degli anni ’70 la visione del corpo della donna è diventata centrale nelle arti. Documentata, fotografata, rivalutata, riscattata, la figura femminile ha oggi un proprio filone di studi e numerose militanti ancora all’attivo che si battono contro una società in parte dominata dal patriarcato – il quale, come potrebbe stupire, ha dovuto a sua volta subire il pesante fardello della mascolinità. Prima che le femministe più convinte inorridiscano, diamo uno sguardo alla mostra Masculinities: Liberation through Photography del Barbican Centre di Londra, che ci svela quanto lo stereotipo di genere sia ben lontano dall’essere prerogativa del gentil sesso.

Masculinities: Liberation through Photography

Dopo anni e anni in cui la donna è stata perno delle esposizioni d’avanguardia (come dimenticare le Guerrilla Girls o la paladina della giustizia Marina Abramović?) con Masculinities: Liberation through Photography, in mostra a Londra al Barbican Centre dal 20 febbraio (e chiusa in anticipo causa emergenza sanitaria), il vento cambia finalmente un po’ rotta. Scatti dal taglio documentario ripercorrono lo sviluppo del concetto di mascolinità nel tempo e di come questo sia spesso stato fonte di peso ed oggetto di abuso per il sesso forte, così come lo è stato per la donna.

Cos’è la mascolinità? Muscoli? Genitali? Fisico? Stato mentale? È con queste domande che si apre la mostra, la quale sapientemente esamina il concetto di patriarcato e le relazioni di potere ineguali tra genere, classe e razza. Ricca di fotografie, film e riviste, ci apre alla comprensione di cosa significhi essere un uomo nel mondo di ieri e di oggi. Una rappresentazione del maschio in tutte le sue miriadi di forme, piena di contraddizioni e complessità.

La mostra  si presenta in sei sezioni con lavori di oltre 50 artisti internazionali. Da nomi più famosi, come quello di Robert Mapplethorpe, ad artisti emergenti, si esplora la natura espansiva del soggetto attraverso temi di identità, corpo nero, potere e patriarcato, stereotipi ipermasculini, paternità e famiglia. E poi, si concentra uno sguardo sulle percezioni femminili degli uomini: un aspetto preso sempre poco in considerazione ma che può, per l’appunto, offrirci uno spunto di riflessione.

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Pubblicato da Barbican Centre su Giovedì 20 febbraio 2020

 

Men as types

Luke Turner, scrittore, nel suo memoir Out of the Woods scrive che:

«Con il femminismo le donne hanno avuto occasione di discutere ed analizzare la propria identità, mentre noi uomini in questo abbiamo fallito. Oppure, spesso, evitato il compito.»

Con le vette estreme che il femminismo odierno ha raggiunto si fa subito a gridare allo sfruttamento del corpo della donna e allo stereotipo di genere. Ma perché si parla sempre di sfruttamento al femminile, e mai al maschile? Eppure anche gli uomini sfilano in slip, partecipano a concorsi di bellezza, o si sottomettono al guinzaglio di dominatrici in numerosi spot pubblicitari. Perché quello che le donne hanno voluto sovvertire oggi va bene, purché non sia posto alla loro figura?

Forse perché all’uomo è sempre stata attribuita una forte immagine apparsa come incorruttibile (così come i suoi “diritti”). L’uomo non piange, l’uomo comanda, l’uomo è forte. Al di fuori di tutto questo, si rischia di non essere considerati virili. Dall’affermazione di Turner è sicuramente chiaro che anche questo fa parte di un antico retaggio culturale, che dimentica la natura di essere umano prima ancora di quella del sesso.

Tempo di riscatto

Oggi più che mai, in un periodo in cui le testate giornalistiche abbondano di mascolinità tossiche e quadri politici di estrema destra – comportanti figure di nazionalismi virili -, appare sempre più necessario un discorso di liberazione che parte dal corpo, al fine di riscattare una generazione. È tempo di fare a pezzi i vecchi stereotipi e di liberarsi da preconcetti e pregiudizi, positivi o negativi che siano.

Non a caso il percorso espositivo porta un titolo plurale: masculinities, che allude alle difficoltà dei diretti interessati nel definire in modo univoco come si sentono e cosa sono diventati. Tra contraddizioni e fragilità comuni, non facciamo perciò in modo che il femminismo o il quadro socio-politico diventino una tirannia: rendiamoli piuttosto una base per una nuova rivoluzione culturale.

Sara Maietta
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Sara Maietta
Una vita ascrivibile all'ABCD: aspirante curatrice, bookalcoholic, catalizzatore di dissenso e dadaista senza speranze.