Il cortometraggio valenziano “Manspreading”, scritto e diretto da Abdelatif Hwidar, è arrivato alle fasi finali di selezione agli Oscar 2020: qui concorrerà con il meglio del cinema internazionale per il settore; in seguito l’Academy farà un’ulteriore selezione ricavando una lista definitiva di finalisti.
L’idea dell’autore spagnolo.
Potrebbe non arrivare quindi, alla candidatura definitiva, ma “Mainspreading”, che ha debuttato nelle sale spagnole nel 2017, merita una menzione, al di fuori della penisola iberica, per il tema che tocca in maniera innovativa ed originale. Hwidar, già vincitore di un premio Goya, ha scritto e diretto la pellicola prodotta dalla valenziana Marmota Insomne e dal Centro di innovazione Las Naves. Lo scopo del corto è di mandare un messaggio contro quell’atto di micromaschilismo che alcuni uomini praticano quando si siedono nei mezzi pubblici con le gambe aperte, sconfinando nei posti adiacenti ed invadendo l’altrui spazio vitale.
Nei panni di una donna.
Esistono forme di micromaschilismo quotidiano che spesso ignoriamo perché considerate come gesti socialmente riconosciuti ma non per questo corretti. A discapito di numerose donne che provano questa sensazione di disagio, molti uomini ignorano bellamente di essere causa di tanto incomodo. Il corto stesso, seppur scritto e diretto da un uomo, permette di indossare una pelle femminile e catapulta lo spettatore in quel vagone della metro valenziana, facendogli percepire in prima persona le sensazioni di imbarazzo ed inquietudine che sfociano, a tratti, nel tragicomico. La coppia di attori protagonisti, Clara de Luna e Marco Huertas, rende, attraverso silenzi, linguaggio del corpo e black humor, “Mainspreading” molto realistico.
Spazio pubblico genderizzato.
Dal 2014, Paesi come la Spagna, gli USA e l’Inghilterra, hanno portato avanti una vera e propria lotta nei confronti del fenomeno del manspreading, ottenendo risultati più o meno efficaci. Alla base dello scontro ci sarebbe, in effetti, quella che è considerata una genderizzazione dello spazio pubblico, che va al di là della semplice mancanza di educazione. Lo spazio pubblico, secondo le attiviste in opposizione al fenomeno, è da sempre organizzato e gestito secondo un punto di vista maschile, per tanto, anche la seduta “sguaiata” sarebbe da ricondurre all’idea tipicamente virile di predominio, mentre la donna si fa piccola e si attiene al poco spazio che le viene concesso.