L’ultima luce prima del buio
– Non è possibile.
-Lo è, a quanto pare.
-Ma in che modo è potuto succedere? Non mi do pace.
-Devo farti un disegnino? Insomma, sai bene come accadono queste cose.
-Ma non a te. È innaturale.
-Non dire così. Mi fai sentire sbagliata.
-Ti chiedo scusa. Il fatto è che non dovrebbe essere possibile che tu, insomma…
-Che io?
-Che tu possa essere incinta.
Come dargli torto, dopotutto?
-Perderò il lavoro, ne sono certa.
-Non dire così. Potresti chiedere il congedo per maternità. È la legge, dopotutto.
-Qui non esistono leggi. Solo capricci.
-D’accordo, manteniamo la calma. Ti va di raccontarmi tutto dall’inizio?
No, non mi va.
-Certo.
-Per iniziare… dove hai conosciuto ‘sto tipo?
-A lavoro. Sono andata a casa sua, era l’ultimo cliente della giornata.
-Davvero? Ma è la prima regola! Mai instaurare rapporti di tipo emotivo o sentimentale con i propri clienti. E tu dovresti rispettare questo dogma più di tutti.
-Sei irritante. Credi non lo sappia? Svolgo questo lavoro da secoli, mi pare.
-Continua, ti ascolto.
-Ho varcato l’uscio, l’ho trovato in cucina. Era di spalle.
-E…?
-Mi sono avvicinata in punta di piedi. Col braccio destro ho sollevato la falce, ma devo aver urtato qualcosa.
Si è voltato.
-Oh, no. E cos’hai visto?
-Era cieco.
Mi ha sorriso.
-Non è la prima volta che hai a che fare con clienti del genere. Cosa c’è stato di diverso questa volta?
Occhi che imploravano il mio tocco. Lo aspettava da una vita.
-Non lo so.
-Ma sì, che lo sai.
-Mi ha parlato. Sapeva chi fossi.
-Cosa ti ha detto?
Nei miei occhi, sempre al buio
ho trovato un po’ di luce
per stringerti le mani.
-Mi ha chiesto di ucciderlo.
E che fossi lenta nei movimenti, immobile nella sua agonia.
Sarà l’orgasmo più intenso di sempre.
-Che strane richieste avanzano questi mortali. Lo hai accontentato?
-Beh, ci ho provato. Ero incredula.
-Lo credo.
Spogliati, e la mia falce
sarà l’impudica mano
che tratteggia
il tuo piacere.
-Ho iniziato a spogliarmi, lentamente.
Sei fatta di carne?
-… e poi ho iniziato a spogliare lui.
Ho carne e sangue, e paura, come te.
-Non puoi dire sul serio.
-Non pretendo di essere compresa. Chiedo di essere ascoltata.
-Ti chiedo scusa. Va’ avanti.
-L’ho guardato dritto in quegli occhi vuoti.
-Gli ho preso le mani, le ho portate sui miei fianchi. Me li ha stretti con foga.
Ho carne e sangue, e desiderio, come te.
-Ho frapposto fra i nostri corpi la lama della falce. L’ho carezzato con la punta.
Partendo dal viso,
hai riflessi ramati tra i capelli
Scendendo sul collo,
ascolto il tuo sangue che pulsa
Per finire sul busto
cento baci dolorosi,
con la punta
di questa lingua
di metallo.
E ho affondato il primo colpo.
-È inquietante.
-Non capisci. Ciò che stringevo era un corpo bramoso.
-Continua
-Il sangue ha iniziato a fluire lentamente dal costato, fermando la sua corsa tra le cosce.
Ha posato il suo sguardo vitreo su di me.
Così mi sono inginocchiata.
Divaricando le gambe,
sai d’amore
poggiando il peso sulle dita
sai di vita
l’ho ferito con desiderio
fa male
trapassando da parte a parte
continua, ti prego
il suo ventre sanguinante.
Il sangue è schizzato dappertutto,
t’inondo di piacere
ho dischiuso le labbra
perdonami perché ho peccato
e ho affondato un altro colpo
accoglimi tra le tue braccia.
-Sei stata un’incosciente.
Scommetto che non ti divertivi così tanto dall’Influenza spagnola.
-Non è stato divertimento, ma necessità.
-Non ti seguo.
-Per tutti questi secoli, vedi, ho strappato via infanti dalle culle, madri da figli, donne da mariti violenti, incoscienti da rupi.
Oggi ho provato sulla mia pelle cosa voglia dire stare su una rupe, e aspettare un colpo di vento che possa farti traballare, a un passo dalla morte, ma anche dalla vita.
Io ci sono sempre. E mi nascondo
in ogni piccola delusione,
in un gesto di stizza,
in una parola nascosta alle labbra
e in un desiderio non condiviso.
-E così hai provato un po’ di vita, Morte. Come ti è sembrata?
-A volte fa male.
A volte fa male.
Me lo ripeto, ogni notte, sfiorandomi il grembo.
A volte fa male.