Dal 25 maggio, giorno dell’omicidio di George Floyd, gli Stati Uniti d’America- ma anche tutto il resto del mondo – stanno vivendo una vera e propria rivoluzione che si consuma ogni giorno sulle strade: una lotta contro un sistema razzista e corrotto che da troppo tempo sopprime, domina e uccide senza mai pagarne conseguenze.
Bianco come giusto
Il razzismo, inteso nella sua accezione scientifica – quella con cui è nato – non è abbastanza per poter comprendere l’odierno panorama razzista, tanto discusso in questi giorni di proteste. Il darwinismo sociale, così come la «lotta per la sopravvivenza» hanno visto il proprio tramonto con la fine del colonialismo.
Ma il razzismo non è morto lì: ha continuato a germinare, assumendo una nuova accezione, ancor più pericolosa, legata al tessuto sociale e dissimulata dietro all’utilizzo di termini quali “etnie”, “razze”, “culture”, che vengono utilizzati dalla White supremacy per differenziare le varie popolazioni a livello culturale e sociale e delineare se stessa come il canone a cui l’Altro deve necessariamente attenersi: bianco come giusto, bianco come universalmente accreditato.
Ed è qui che hanno origine le odierne discriminazioni razziali legate ad un vocabolario implicitamente razzista, alla presunzione di superiorità del West, all’attribuzione di caratteri in base all’aspetto.
Il vocabolario del razzista
Il razzismo è ormai un fenomeno strutturale: siamo finiti con l’assimilarlo all’interno della nostra sfera quotidiana, attraverso l’utilizzo di espressioni razziste non considerate come tali.
Pensate al termine inglese “nude”, utilizzato per parlare di abiti o trucchi ton-sur-ton che hanno gradazione simile al colore della pelle. Con tale espressione viene fatto intendere che il colore “nude” può essere solamente uno: quello della pelle dei bianchi. Allo stesso modo, “color carne” si riferisce alla colorazione rosata dei bianchi, escludendo da tale definizione coloro che hanno una carnagione scura.
Black dancers everywhere have to come out of their pockets to buy cheap foundations to “pancake” their ballet shoes continuously to match their skin tone as opposed to their white counterparts for which the pink satin ballet shoes are made for. Please sign this petition to help!! pic.twitter.com/epKemadekN
— BriBraat🦄 (@BriianaBell) June 7, 2020
Tanti altri sono gli esempi che potremmo fare: additare un prodotto di scarsa qualità come “cinese”, supporre la nazionalità africana di una persona dal solo colore della pelle. Nel caso dell’Italia rientrano nel contenitore anche frasi come “gli immigrati non si integrano, ci rubano il lavoro”, ma anche “prima gli italiani”.
La cultura come antidoto al razzismo
Ad oggi, l’unico antidoto al razzismo rimane la cultura. Studiare la storia – il colonialismo, la tratta degli schiavi, la Shoah, l’Apartheid – ci aiuta a comprendere dove il razzismo affonda le sue radici. Tali avvenimenti storici hanno contribuito alla formazione di una società in cui episodi come l’assassinio di George Floyd possono ancora accadere. Ma la storia ci insegna a guardare al passato da un’altra prospettiva, imparare da chi ha sbagliato prima di noi.
Non possiamo più vivere in un mondo in cui c’è ancora chi storce il naso di fronte all’Immigrato o al Musulmano. Ognuno ha diritto alla propria cultura, a mostrarla come ritiene giusto. Nessuna cultura merita meno rispetto, meno onore, meno dignità di altre.
Informatevi, perché la cultura è la prima arma che abbiamo contro al razzismo, un mostro che si basa sull’ignoranza, sull’irrazionalità e sulla diffidenza reciproca.
In un momento storico come quello attuale è giusto chiedersi: “io dove sto rispetto agli altri?” Scegliere di amarli è un ottimo punto di partenza.
Chiara Cogliati
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