Entro la fine di questa settimana la scuola sarà ripartita definitivamente in tutta Italia, dopo mesi di stop causati dall’emergenza sanitaria. E non senza polemiche, come la migliore tradizione italiana vuole. La preoccupazione è tanta, la pandemia non arresta. I più piccoli meritano tutele; e anche i negazionisti si preoccupano ora dei metri di distanza e delle rotelle che separano i loro figli.
Non si può, però, tacere che quella della riapertura delle scuole sia una grande notizia, attesa ed emozionante. Un fatto resosi necessario, probabilmente un rischio da correre. Soprattutto considerato che, tra discoteche, lidi e billionaire vari, i rischi assunti non sono stati pochi e nemmeno controllati. E i fatti lo hanno dimostrato.
La verità è che vedere ripartire la scuola, pur con tutte le preoccupazioni e precauzioni del caso, ora più che mai, vuol dire vedere tornare un Paese intero, anch’esso vittima della pandemia, ai propri ritmi vitali. Vitale, d’altronde, è la funzione che svolge l’istituzione scolastica nella nostra società, per diversi motivi.
Non solo accademia
In primis per la cultura, questo è certo; ma cultura in senso lato. Diciamo pure per la cultura della cultura, o educazione alla cultura. Perché noi tutti dobbiamo capire che senza civismo, senza progresso culturale, non c’è retaggio da difendere; non c’è istituzione, società e democrazia che possa salvarsi dal destino di degradare nella dominazione dei pochi e nello svilimento delle identità collettive.
Interrompere in maniera così prolungata il processo di educazione, formazione e crescita culturale dei più piccini, porterebbe delle conseguenze importanti e non piacevoli nel loro sviluppo, che poi, come si diceva, è lo sviluppo dell’intera società. E tutti giorni saggiamo l’assoluta necessità di riprendere il difficile cammino della crescita culturale del nostro paese, che sprofonda nell’ignoranza più barbara e nell’impossibilità di trovare un codice di valori condivisi universalmente. Un’emergenza, quella culturale, ancor più pericolosa di quella sanitaria.
Inoltre, la scuola svolge una funzione vitale, come si diceva, nella struttura sociale, per il modo in cui la stessa società è stata costruita. Nel modello occidentale il singolo viene inserito gradualmente, in un percorso che può definirsi obbligato, nella vita pubblica.
Umana necessità
La scuola è il primo step di questa inclusione e vero comune denominatore universale, almeno da un paio di secoli a questa parte. Altre attività – si pensi a quelle sportive o musicali – svolgono la medesima funzione sociale, seppur in modalità e con finalità differenti. La scuola, tuttavia, è l’incubatrice dei cittadini del futuro. Il luogo dove i più piccoli imparano la socialità, le relazioni di potere, il gioco di ruoli sul quale la nostra società è basata.
Con le scuole chiuse, si metterebbe in crisi non solo il percorso educativo dei più giovani, ma la stessa organizzazione del tempo che è propria delle nostre società. Nascerebbero, come si è verificato nei momenti più duri della quarantena, criticità organizzative, specie a quei genitori impegnati in orari lavorativi non pensati per la gestione, quantomeno mattutina, dei figli.
In ultimo, ma non per importanza: gli studenti, soprattutto i più piccoli, hanno molto accusato la mancanza dell’ambiente scolastico, fino a sentirne la necessità; le testimonianze, in questo senso, sono numerose. In un mondo sempre più votato all’immateriale, all’individualismo, alle relazioni sociali mediate dalle apparecchiature tecnologiche, i più giovani sentono il bisogno dei momenti di socialità e formazione collettiva per i quali la scuola è preposta. L’uomo, in fondo, è un animale sociale.
Resterebbe il problema delle necessarie riforme per rivedere i piani e i modi dell’insegnamento e riportare alla decenza il livello culturale italiano, dato che la scuola, negli ultimi 40 anni, ha evidentemente fallito. Ma questa è un’altra storia.
Ora come ora, viste le problematiche attuali, basterebbe la sensibilità e il buonsenso di rispettare le regole per venire incontro alle esigenze dei più piccini che, forse ancor più che gli adulti, hanno sofferto l’eccezionalità della situazione in cui ci troviamo.
E magari, questa volta, andrà tutto bene per davvero.
Enzo Panizio
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