la scomparsa di mia madre
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La rivolta di Benedetta Barzini raccontata in un documentario

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La scomparsa di mia madre: un film di rivolta, che racconta la vecchiaia di un’ex modella e la sua necessità di scomparire

 

Attorno alla rappresentazione femminile

La scomparsa di mia madre è un film documentario di Beniamino Barrese con protagonista Benedetta Barzini, celebre modella degli anni ’60, nonché madre del regista. Nota per essere stata musa di Warhol, Dalì, Penn e Avedon, all’età di 75 anni l’ex top model è ora una donna arrabbiata con il mondo dell’industria della moda. Il regista infatti definisce La scomparsa di mia madre come la storia di una donna in rivolta. Più precisamente, la rivolta di Benedetta Barzini nasce in risposta alla violenza degli occhi meccanici degli obiettivi fotografici e cinematografici nell’atto di rappresentazione. Il film racconta perciò il passaggio da modella-vittima a dissidente di quel mondo che diffonde stereotipi sedimentati nella società e che relegano specialmente le donne a caratterizzarsi in quanto oggetti rappresentati e mai soggetti rappresentanti. La società dello spettacolo, per l’ex modella è ora un tripudio di oggetti sessuali e corpi merce falsificati riprodotti in serie.

la scomparsa di mia madre

Un’immagine irrapresentabile

Ad oggi la Barzini non rinnega il suo passato, ma tiene le distanze da quell’ambiente che per anni ha plasmato la sua immagine. “La mia persona non è fotografabile” afferma la Barzini in un’intervista di qualche anno fa inserita nel film. Se anche il suo viso e il suo corpo sono stati più volte rappresentati, nessun obiettivo è mai riuscito a rendere giustizia al suo vero modo di essere. La reticenza della Barzini ad essere eletta protagonista di un film viene espressa svariate volte nel documentario articolandosi in dialoghi diretti e spontanei. Qui, le sue affermazioni non lasciano altro da intendere, se non la sua completa mancanza di fiducia verso ogni mezzo di rappresentazione. Allo stesso tempo, il documentario mostra una sorta di familiarizzazione della protagonista con la macchina da presa. Un rapporto che si sviluppa lentamente e che è alimentato dagli stimoli che il regista offre a sua madre per far sì che il documentario possa veramente eleggersi a portavoce del suo pensiero. La scomparsa di mia madre diventa così una delle poche occasioni in cui la Barzini ha potuto esprimere veramente i suoi ideali e il suo modo di essere, pur dovendo fare i conti con la sua immagine rappresentata.

La relazione madre figlio

Fin dalle prime scene del film si nota uno stile di ripresa puramente intimistico. Molte riprese sono infatti realizzate nell’appartamento della protagonista, un ambiente che pullula di ricordi, e di frammenti di vita. La macchina da presa si muove timidamente tra ammassi di scartoffie ritraendo uno spazio disordinato e caotico che a primo impatto sembra non avere niente a che fare con la virtuosità di un’ex topmodel. Il pubblico quasi si sente un intruso. Questa sensazione è alimentata dalle riprese girate con macchina a mano, che connotano uno stile di regia simile a quello amatoriale dei filmini di famiglia. Il nostro punto di vista non è però freddo e distaccato, ma coincide con quello del regista, con lo sguardo di un figlio nei confronti della madre. Così come Beniamino anche noi vorremmo capire il perché della pressante esigenza della Barzini di scomparire, lontano, per sempre. Questo desiderio viene espresso più volte nel film e per quanto ci si possa sforzare, forse non si arriva mai a comprenderlo veramente.

La necessità di scomparire

Il film in fondo altro non è che un modo per il figlio di comprendere maggiormente l’esigenza della madre. Un tipo di esigenza che non è solamente riconducibile alla vita della protagonista, ma che spesso coincide anche con chi pensa di avere già fatto abbastanza della propria vita. In un’intervista la Barzini afferma che le tematiche affrontate dal documentario non sono così personali, “ma anche di molti altri”. La necessità di scomparire, non è qui intesa come morte, ma come ritrovamento di una pace e di un equilibrio interiore, lontano da quel mondo che l’ha consumata in quanto persona ed in quanto icona della moda. Questa esigenza è la vera rivolta di Benedetta Barzini. Il documentario diventa allo stesso tempo, un racconto della vecchiaia che richiama alla memoria della protagonista i ricordi di una vita. Specialmente le scene finali del film diventano un’occasione per il figlio e per noi spettatori di prendere coscienza del tempo che passa e che consuma le persone a noi care, ormai quasi giunte alla fine della propria vita.

 

 

Isabella Calderoni

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Isabella Calderoni
Bolognesità doc, garbo e pazienza caratterizzano Isabella since 1994. Ex-studiosa di cinema e di nuovi media, sogna di realizzare documentari con filmati d'archivio in maniera indipendente.