Che cosa significa vivere d’arte? È davvero possibile? C’è chi sostiene che l’arte non paga le bollette e, forse è vero… non sempre con la cultura ci mangi. Ma l’arte va oltre a questo: ci nutre in senso più profondo, coltiva il nostro animo e ci fa volgere lo sguardo verso luoghi inesplorati.
Ed è questo che l’arte porta nella vita di Giorgio Montanari, un artista a tutto tondo che divide il suo tempo tra il lavoro in azienda e la passione per la scrittura.
Abbiamo avuto l’occasione di leggere la sua ultima raccolta di poesie “Nella Purezza”: nel titolo sta la chiave di lettura della silloge; la Purezza come innocenza, come salvezza, ma soprattutto come poesia. Il poeta pensa alla raccolta come ad un percorso, un’unità che si declina in tre fasi dell’esistenza rappresentate dalle tre sezioni in cui si articola l’opera: la vita, la morte e la rinascita. Secondo l’autore l’esistenza è fatta di entità opposte che coesistono e che prima o poi culmineranno in una fusione: Yin e Yang / si fonderanno / in un eterno abbraccio.
Le varie coincidenze, i destini, i singoli frammenti della nostra vita si collocano all’interno di una cornice che delimita e protegge ciò che sta dentro da ciò che sta fuori. La dicotomia, che il poeta comunica tramite il verso frammentario, si risolve nell’armonia, il traguardo dell’intero percorso. E l’armonia si rispecchia anche nella perfetta simmetria che regna in tutta la raccolta e che l’autore descrive così: “L’inizio è la fine ed è l’inizio”, ma anche “La fine è l’inizio ed è la fine”.
La silloge è un vero e proprio diario personale in cui il poeta guarda alla realtà tramite la prospettiva di un introverso. Ed è questa introversione che lo porta a scontrarsi con il mondo e a cercare un modo di incastrarsi nel puzzle dell’umanità, ma che in fin dei conti assomiglia più a un teatro, dove tra chi lotta per andare in scena, c’è chi rimane dietro le quinte, limitandosi ad osservare e a interrogare ciò che lo circonda. E forse, è proprio così che l’umile comparsa diventa protagonista…
Ascoltando i simboli,
seguendo gli incontri,
comprendendo il cuore,
traducendo il rebus,
desiderando,
sognando,
costruendo,
tutto si avvera e,
nella purezza,
tutto torna.
Per meglio comprendere la raccolta abbiamo voluto rivolgere qualche domanda al poeta, il quale si è confermato ciò che già emergeva dal suo libro: un’anima sensibile che si interroga, condivide e cerca il dialogo.
Ciao Giorgio, grazie di aver accettato. Come ti racconteresti a chi non ti conosce?
Mi chiamo Giorgio, ho quasi 38 anni e adoro l’arte in tutte le sue forme. L’arte permette di conoscere altri punti di vista sulla vita: è uno scambio di prospettiva perché ognuno può vederci qualcosa di diverso. Da appassionato di tutte le arti, nell’ultimo periodo sto dedicando molto tempo alla scrittura. La poesia è una passione che coltivo dai tempi del liceo, leggevo molte poesie, tuttavia scrivevo sporadicamente. Qualche anno fa, nel processo di raccogliere i miei scritti mi sono accorto di averne un buon numero, tanto da poterne fare un libro. Così è nata la mia prima raccolta “Finzioni di Poesia” e da allora ho continuato a scrivere, sempre più frequentemente.
Parlaci del tuo processo creativo, come funziona?
Per le mie poesie, punto più sull’ispirazione che sulla tecnica. A volte sento la necessità di trovare un foglio per poter dare sfogo al magma di quel “Vulcano” che sento dentro di me. Come dico nella mia poesia “Vulcano Dentro”: Un vortice di/ parole e immagini / si incontrano/ nello stile: / la loro lava / si deposita, / incandescente, / su questa pagina.
La lava va depositata calda, ma solitamente ci ritorno poi, a distanza anche di giorni, per limarla e lavorarla.
Quale pensi sia il ruolo della poesia in questi anni?
In Italia molti scrivono e pochissimi leggono. Per questo mi sento di dire che probabilmente in futuro vinceranno i testi più brevi rispetto a quelli più lunghi, magari quelli che possano entrare nel quadrato di Instagram. Ciò non toglie che la cultura è fondamentale. Pensiamo alla quarantena, come avremmo potuto sopravvivere senza? È vero che con un frase ben scritta o un’opera d’arte non ci mangi, ma allo stesso tempo queste possono nutrirci, rendere la vita più piacevole, più degna di essere vissuta.
Ringraziando Giorgio per la bellissima chiacchierata ne approfitto per una riflessione personale. Forse perché lo scrivere nasce dal saper ascoltare, dall’attenzione che si presta al mondo che ci sta attorno, Giorgio Montanari ha saputo farmi sentire ascoltata, e in un momento storico in cui l’umanità freme per avere quei fatidici quindici minuti di celebrità, è chi con umiltà cede il posto a qualcun’altro che dimostra di essere veramente in pace. Ed è questo che Giorgio mi ha trasmesso: una quiete interiore, una serenità di chi non ha bisogno di apparenze, perché vive oltre ad esse.