Questo articolo è frutto della collaborazione con “Il Taccuino Ufficio Stampa”
Alessandro Bruni, nato a Bologna nel 1972, è autore di diversi romanzi, quali “Ulisse aveva una figlia” (Persiani Editore, 2015), “Killing Rock Revolution”, “La prossima estate. Un requiem per il noir” – che compongono la trilogia della commedia itinerante, della spy story complottista e dell’equivoco secondo il registro della tragedia – e “We Were Grunge” . È proprio a proposito di quest’ultimo che l’abbiamo intervistato.
Com’è nata l’idea per il tuo romanzo We Were Grunge?
«L’idea del romanzo nasce dalla confluenza di due pulsioni. Una emotiva, di pancia, data dalla passione e la nostalgia per quel movimento musicale, l’altra più cerebrale e meditata dovuta alla volontà di unire contesti apparentemente distinti e diversi come la narrativa e la musica».
Ci descriveresti il protagonista della tua opera? A chi o cosa ti sei ispirato per delineare la sua caratterizzazione?
«È uno strano alter ego narrativo, un uomo in fuga dalla sua solida quotidianità, sconvolto per il suicidio di Chris Cornell dei Soundgarden e desideroso di scrivere una storia che nella sua vita normale non riesce nemmeno ad abbozzare. Per questo decide di lasciare casa, famiglia e lavoro e intraprendere un cammino e una permanenza solitaria in una casa nel bosco sull’appennino. Potremmo definirlo, come accenno nelle prime pagine, un ibrido fra un Torrance, lo scrittore di Shining di Stephen King, e un Supertramp, il protagonista di Into the wild, sopravvissuto e invecchiato».
Perché un romanzo/saggio sulla musica grunge?
«Il grunge ha una dimensione storica ormai. Era venuto per me il momento di affrontare la questione e raccontare così una vicenda in cui elementi della realtà si mescolano con trasfigurazioni narrative».
Eddie Vedder, Kurt Cobain, Layne Staley e Chris Cornell sono importanti musicisti e in certa misura anche personaggi del tuo romanzo. Come hai gestito il lavoro di scrittura della tua opera? Come sei riuscito a integrare la loro storia in quella da te raccontata?
«Il romanzo è diviso in quattro parti ciascuna dedicata a uno dei quattro front man. Ogni parte è diversa. Non ho la pretesa di capire chi fossero fino in fondo questi protagonisti, volevo invece cercare di cogliere una traccia del loro peculiare passaggio, della genialità e del disagio di Cobain, del carisma enigmatico di Cornell, dell’unicità sofferente di Staley e infine della sanguigna carica di Eddie Vedder».
We Were Grunge è un romanzo che parla di amore per la scrittura e di amore per la musica. Ci consigli un libro e un album per te fondamentali?
«A proposito del fuoco sacro della scrittura cito come romanzo “Gli inquilini” di Bernard Malamud, questa storia magnifica di due scrittori, un ebreo e un nero, ultimi occupanti di una palazzina di Brooklyn che deve essere abbattuta, e come album la cui scrittura trovo sublime cito “Anime salve” di De André, venne pubblicato nel 1996, il grunge era finito poco prima».
Vorresti condividere con noi una citazione alla tua opera che ti sta particolarmente a cuore?
«“Kurt finisce il pezzo, nemmeno ci degna di uno sguardo e se ne va.
Pochi giorni dopo su MTV vediamo il video nella versione elettrica e restiamo sconvolti, niente è più come prima. Anche se l’alchimia sembra semplice, la potenza che sprigiona è incommensurabile. Una rabbia giovane, indefinibile, esplosiva, del tutto reale.”»
Di cosa tratterà la tua prossima fatica letteraria? Puoi darci qualche anticipazione?
«Domanda che accarezza e solletica l’ego sconfinato di un autore, tuttavia, non averne a male, ogni volta che parlo di progetti capita sempre qualche casino per cui preferisco mantenere il riserbo».
Articolo a cura di:
Marco Baricci
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