È il 15 aprile 1874. Il fotografo in ascesa Gaspard-Félix Tournachons (meglio conosciuto come Nadar) lascia il suo studio a Parigi in Boulevard des Capucines 35, dando gratuitamente la possibilità ad un gruppo di giovani artisti – i futuri impressionisti – di esporvi le loro opere.
L’allora anonimia di Pierre Auguste Renoir, Claude Monet, Edgar Degas, Giuseppe De Nittis e Camille Pissarro non solo provocò risatine soffocate tra i critici dell’epoca, ma diede anche vita alla prima mostra impressionista. Un’esposizione che – prima di essere rivoluzione artistica – è stata risultato naturale di un’epoca di sviluppi, creando poi uno spartiacque epocale tra vecchio e nuovo sia nella storia che nell’arte.
La pre-avanguardia
Il movimento artistico dell’impressionismo è spesso identificato come una pre-avanguardia. Il rifiuto dell’arte accademica e delle regole compositive tradizionali, insieme alla predilezione per la pittura en plein air e per i soggetti paesaggistici, hanno posto sicuramente gli impressionisti in una posizione avanguardistica rispetto all’arte di fine ‘800. Saranno tuttavia l’attenzione alla luce e al colore a caratterizzare l’indubbia rivoluzione visiva dell’impressionismo.
Nonostante ciò, si può guardare al movimento degli impressionisti come ad uno sviluppo coerente di ciò che era già stato, più che a un rinnovamento della concezione di opera d’arte (per il quale bisognerà aspettare un’altra ventina d’anni). Rivoluzionaria o meno, la libera esposizione del 15 aprile 1874 ha comunque giocato da importante spartiacque e sono numerosi gli elementi che l’hanno reso possibile.
L’accademia di Belle Arti del regime di Napoleone III
Le radici del movimento impressionista vanno cercate innanzitutto nel contesto socio-politico del Secondo Impero francese di Napoleone III (1852-1874). Fu di fatti il nipote del più famoso politico a valorizzare le arti (ovviamente accademiche) e a istituire i Salons. Definibili come gli antenati dei concorsi artistici a premi, vedevano ogni anno la partecipazione dei migliori artisti di Francia e contribuirono ad una grande produzione artistica.
Tuttavia, erano numerosi i lavori e gli artisti che il Salon ogni anno rifiutava, in nome di uno sterile accademismo. In seguito alle numerose proteste dei non ammessi, Napoleone III – un po’ per astuzia, un po’ per sberleffo -, istituì il Salon des réfusés. Un salone parallelo a quello ufficiale in cui potevano esporre tutti gli artisti “rifiutati”. Gridando allo scandalo e cercando vivamente di scoraggiare, in realtà non si fece altro che alimentare vere e proprie innovazioni tematiche e stilistiche di degna nota.
Romanticismo, Realismo e l’Esposizione Universale
Prima del movimento, Realismo e Romanticismo avevano già rotto con la tradizione, introducendo importanti novità che divennero il punto di partenza dei nuovi impressionisti. Il portare sullo stesso piano genere storico, religioso o profano, ad esempio; oppure l’interesse al colore più che al disegno. Inoltre, furono i primi a far prevalere apertamente emozioni e soggettività dell’artista.
Nuovi stimoli vennero anche dall’Esposizione Universale di Parigi del 1889, dove trovò sfogo l’interesse per l’arte esotica, in particolare quella giapponese e quella cinese. Hokusai e la scuola Ukiyo-e rappresentavano scene di vita quotidiana molto vicine al realismo che andava sempre più diffondendosi in Francia e in Europa.
Le scoperte scientifiche: la fotografia e i tubetti di colore
Ultime ma non meno importanti, le nuove scoperte scientifiche: la macchina fotografica e le leggi sull’accostamento dei colori di Eugène Chevreul furono alla base della teoria impressionista sul colore. Questa suggeriva di accostare i colori senza mescolarli, in modo tale da ottenere non superfici uniformi ma “vive” e in movimento.
Un’altra importante invenzione fu poi il tubetto di colore, che consentiva agli artisti di poter spostarsi ed immortalare dal vivo – e quindi en plein air – i propri soggetti (cosa impensabile fino ad allora, poiché i colori andavano creati in atelier con polveri di pigmenti difficilmente trasportabili).
Conseguenza naturale o rivoluzione?
Con queste premesse è forse più semplice immaginare quanto la scelta di quei giovani artisti il 15 aprile 1874 fosse figlia di un processo naturale, di quegli accenni di fiducia nel progresso che caratterizzarono tutta la fin de siècle fino allo scoppio della Grande Guerra. In questo modo non va però sottostimata l’importanza della svolta artistica degli impressionisti, senza i quali sarebbero stati impensabili gli sviluppi contemporanei dell’arte visiva (di fatti, non solo pittorica) del nostro tempo.