Robert Frank
Fotografia

Impressioni – Robert Frank

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Per la rubrica fotografica Impressioni, un nuovo approfondimento su uno dei più grandi fotografi del Novecento.

Robert Frank

Sono le due del pomeriggio e io, Chiara e Laura abbiamo appena finito di fare delle improbabili statuette di carta igienica e colla vinilica, quando apro Instagram e vedo un ritratto di Robert Frank. Leggo la didascalia: “you meant so much”. Guardo le mie amiche e dico piano “credo sia morto Robert Frank”.

Quello stesso fotografo che per mesi abbiamo studiato, che ci ha fatto emozionare in classe, che ci ha ispirato e guidato nel nostro percorso di studi, se n’è andato in punta di piedi all’età di 94 anni.

Credo che qualsiasi parola sia superflua e non ritengo di essere in grado di formulare nessun tipo di giudizio o parere su di lui, ma allo stesso tempo penso sia importante far conoscere (almeno in parte, fornendo qualche spunto per un approfondimento successivo) uno dei più grandi fotografi del Novecento a chi non ha mai sentito pronunciare il suo nome.

Quello che mi ha sempre colpito di Frank è stato il modo di indagare, di approfondire e di soffermarsi sulle storie che voleva raccontare. Al di là di The Americans (1958), il libro che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nella storia della fotografia e che ha sconvolto completamente il modo di fare reportage, mi sono sempre ritrovata nella sua calma, nella sua pazienza, nel suo modo personale di affrontare i temi trattati, di descrivere le sensazioni e le emozioni che si affacciavano al di là dell’obiettivo.

In particolare le sue Polaroid, scattate negli ultimi anni in Nova Scotia, dove si era trasferito a seguito di alcune dolorose vicende private, diventano un diario intimo e personale dei suoi stati d’animo, del suo spazio interiore, delle sue sensazioni e dei suoi momenti più banali e quotidiani. Una dopo l’altra si susseguono metafore, atmosfere, allusioni, memorie, racconti privati che parlano all’inconscio e alla sensibilità di ciascuno di noi, attraverso graffi, incisioni e scritte effettuati direttamente sui negativi.

Personalmente devo ringraziare Robert Frank perché grazie a lui ho capito di voler scattare delle fotografie che non si limitassero a documentare o a testimoniare semplicemente ciò che accade intorno a me, ma che parlassero ai sentimenti, al cuore delle persone, che dessero vita alla parte più profonda di me e che rimanessero come una sorta di diario personale.

E quindi, sì, è proprio vero:

“You meant so much”.

 

Grazie e arrivederci.

 

Camilla Calato

Prossimi libri da sfogliare, come consigliato da Gabriele:

Good Days Quiet 

The Lines of My Hand

 

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