Ilaria Alpi e la sua sete di verità
Ilaria Alpi e la sua sete di verità
Società

Ilaria Alpi e la sua sete di verità: la morte è ancora oggi un mistero

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“Soffriva di vertigini e temeva il vuoto, ma si era scelta un lavoro in cui l’elicottero è uno dei cosiddetti ferri del mestiere. Aveva un’autentica fobia del vuoto, una vera e propria chenofobia. Ma volava con tranquillità, almeno apparente.”

(Mariangela Gritta Grainer, presidentessa dell’associazione Ilaria Alpi)

L’omicidio

Era il 20 marzo 1994 quando Ilaria Alpi, inviata in Somalia per il Tg3, venne uccisa nei pressi dell’ambasciata italiana a Mogadiscio assieme all’operatore Miran Hrovatin. Un commando di sette persone si affiancò alla loro auto e si diede alla fuga dopo aver sparato numerosi colpi di kalashnikov. I due giornalisti erano impegnati a seguire la missione Onu “Restore Hope”, per seguire per conto del TG3 il ritiro delle truppe statunitensi dalla Somalia, dove era in corso da anni una sanguinosa guerra civile.

I due giornalisti erano di ritorno da Bosaso, città settentrionale della Somalia: tornati a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin non trovarono il loro autista personale, mentre si presentò una persona che li accompagnò all’hotel Hamana, nelle vicinanze del quale avvenne il duplice delitto.

Più che un agguato casuale, come lo definì la commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dall’avvocato Carlo Taormina, sembra piuttosto essere stata un’esecuzione ben pianificata. Un doppio omicidio che resta impunito e circondato dal mistero: 26 anni di inchieste e processi non sono bastati per individuare esecutori e mandanti.

Le indagini sui traffici Italia – Somalia

In parallelo alla missione ONU “Restore Hope”, i due cronisti stavano indagando su un presunto traffico internazionale di armi e di rifiuti tossici, che con la copertura della missione umanitaria avrebbe coinvolto anche i servizi segreti e altre alte istituzioni italiane. Ilaria Alpi avrebbe infatti scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei Paesi industrializzati e dislocati in alcuni paesi africani in cambio di tangenti e di armi scambiate con i gruppi politici locali.  Nel novembre precedente l’assassinio della giornalista, era stato ucciso, sempre in Somalia e in circostanze misteriose, il sottufficiale del SISMI (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare) Vincenzo Li Causi, informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche nel paese africano.

Il giorno dell’esecuzione, la giornalista e il suo operatore erano di ritorno da Bosaso. Qui Ilaria Alpi aveva avuto modo di intervistare il cosiddetto sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, che riferì di stretti rapporti intrattenuti da alcuni funzionari italiani con il governo di Siad Barre, verso la fine degli anni ottanta. La giornalista salì poi a bordo di alcuni pescherecci, sospettati di essere al centro di traffici illeciti di rifiuti e di armi: si trattava di navi illegittimamente divenute di proprietà personale di un imprenditore italo-somalo.

L’annuncio

È un’edizione speciale del Tg3 ad annunciare in Italia la morte dei due giornalisti: Flavio Fusi entrò piangendo nelle case degli italiani. “È atroce dover annunciare la morte di un collega. In più questa volta l’angoscia era moltiplicata dal fatto di non sapere, di non poter trovare una spiegazione” dichiara Giorgio Alpi, padre di Ilaria.

(Clicca QUI per vedere il video completo dell’edizione straordinaria del TG3)

Per Giorgio Alpi, il vero sogno di sua figlia era di riuscire a lavorare per un settimanale, dove forse è più facile, almeno così credeva, andare a fondo. “Le sarebbe piaciuto fare la giornalista in un mondo dove a fare notizia sono le cose vere”.

Ilaria Alpi e la sua sete di verità

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin erano dei “cercatori di verità”, che pagarono con la vita la dedizione alla professione e il coraggio di raccontare ciò che altri non raccontano. Il Presidente del Senato Elisabetta Casellati ricordando i due giornalisti uccisi a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 ha aggiunto: “In questa grave emergenza sanitaria, stiamo apprezzando particolarmente il lavoro di tanti cronisti che con passione, competenza e sacrificio ogni giorno mettono a conoscenza gli italiani sui pericoli e sulle evoluzioni del contagio, confermando l’importanza dell’informazione quale valore irrinunciabile a garanzia dei cittadini”.

“Il talento di Ilaria ci permette di dire ‘io devo cercare di seguire questa traccia’. Devo seguire non solo il suo impegno, non solo il suo coraggio, ma la sua bravura nel fare le cose”: queste sono le parole pronunciate da Roberto Saviano, omaggiato del premio “Ilaria Alpi” nel 2011. Aggiunge poi: “Il significato particolare che sento è legato non soltanto alla fine tragica di Ilaria che ha pagato con la vita la ricerca e la passione per la verità, ma anche perché credo che la vita di Ilaria conti più della morte. Del suo caso mi piace ricordare che a far paura a molti poteri è stato il suo talento di ricercatrice, indagatrice, comunicatrice e spesso questo viene messo in ombra”.

Indagare, verificare, raccontare, senza paura e con convinzione dei propri mezzi: questo per Saviano deve essere il modo di fare giornalismo, perché, dice, solo “il talento può scardinare certi meccanismi di potere, può mettere paura al potere. Il talento, quello di Ilaria ma anche quello di Falcone che è stato un genio del diritto, è il vero lascito che abbiamo”.

Serena Zoe Lombardi
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Serena Zoe Lombardi
Nata nel 1995, curiosa e sognatrice, capisce di voler insegnare vivendo una grande e sofferta storia d’amore con il latino e greco. Laureata in Lettere Antiche tra passione e lacrime, mentre insegue il suo sogno legge, canta, si commuove (spessissimo) e chiacchiera con chiunque le si pari davanti.