Stessa storia, stesso posto, stesso roar. Il “nuovo” Re Leone, l’ennesimo remake live-action Disney, il più atteso, il più chiacchierato, uscito negli Stati Uniti un mese fa, è finalmente arrivato nelle sale cinematografiche italiane. La carica emotiva a cui rimanda la pellicola originale, che da bambini ci aveva tanto entusiasmato, ha certamente alimentato le altissime aspettative.
Sorge il sole e… Nants ingonyama bagithi Baba! Le note de Il cerchio della vita riempiono la sala. Questa volte la voce non è quella iconica di Ivana Spagna. Al suo posto c’è Cheryl Porter: voce potente e piena, ottima scelta.
La trama la conoscono tutti: nelle Terre del Branco, la nascita di Simba, erede al trono, scatena la gelosia dello zio Scar. Questi, in combutta con le iene, escogita un piano per salire al trono, uccidendo l’attuale re, suo fratello Mufasa, e causando la fuga del nipote. In un percorso di accettazione, di sé e delle proprie colpe, Simba ormai adulto sarà pronto a tornare a casa per affrontare lo zio e riprendersi il trono.
Il fatto che la scena iniziale iconica sia una fotocopia di quella della versione animata è comprensibile: è un omaggio al capolavoro del 1994 e un modo per accontentare il pubblico. Il problema è che anche tutto il resto del film è un copia incolla del cartone animato. Nonostante duri mezz’ora in più, le novità sono minime, solo un paio di scene in più della versione originale. Il resto è tutto già visto. Anche la regia, affidata a Jon Favreau, lo stesso regista de Il libro della giungla versione live-action, è simile a quella del cartone animato: alcune scene sono praticamente identiche. Di nuovo c’è solo l’utilizzo della computer grafica.
La CGI (Computer Generated Imagery) è impressionante. Già usata per il live-action de Il libro della giungla, a soli tre anni di distanza si possono notare i progressi compiuti nella resa di questa tecnica. Sembra di guardare un documentario. Ogni dettaglio è curato nei minimi particolari. Questo iperrealismo però è penalizzante: toglie tutta la magia. Senza l’animazione tradizionale, tutti gli animali della savana “dalla piccola formica alla saltellante antilope” sono limitati nelle espressioni. Freddi e senz’anima.
A differenza della versione in lingua originale, in cui le voci risultano adatte ai personaggi a cui appartengono, nella versione italiana non tutti i doppiatori sono all’altezza. Marco Mengoni ed Elisa, le voci di Simba e Nala da adulti, impeccabili nelle parti cantate, non se la cavano altrettanto bene nei dialoghi, per un motivo semplicissimo: non sono doppiatori professionisti. Bravi Edoardo Leo (Timon), Stefano Fresi (Pumbaa), Massimo Popolizio (Scar) e Luca Ward (Mufasa).
Nulla da dire sulla colonna sonora: ancora curata da Hans Zimmer, Elton John e Lebo M, mantiene le sonorità africane, perfettamente calzanti. I testi in italiano non sono stati modificati, come invece era successo per gli altri remake live-action. Sono state aggiunte due canzoni inedite: Spirit, scritta e interpretata da Beyoncé nella versione in inglese, cantata in italiano da Elisa e Never too late, scritta e interpretata da Elton John.
In conclusione, per quanto curato dal punto di vista tecnico, il live action non riesce a reggere il confronto con il film d’animazione, specialmente dal punto di vista emotivo. Il mio consiglio per apprezzarlo e goderselo è quello di abbassare le aspettative: lasciatevi stupire dal lavoro impeccabile della CGI ed emozionatevi attraverso i ricordi nostalgici della versione animata.
CONSIGLIATO: Sì, in lingua originale
VOTO: 6,5/10