“The Simpsons”. Ammettilo! Lo hai letto canticchiando la sigla della famiglia più famosa di Springfield. La frase è in perfetto stile “operazione nostalgia” o “i migliori anni”, filosofie che celebrano culture, abitudini, vizi, vezzi, personaggi e mode di una data epoca divenuti dei veri e propri cult. Sono passati 28 anni dalla messa in onda in Italia del primo episodio. Era il 1° ottobre 1991 ed i musi gialli che di orientale non avevano nulla in quanto estrema espressione dell’occidente, invadevano anche la penisola. Ancora una volta, un’impietosa fotografia della società moderna diventava fonte di risate. Consapevoli o vuote?
I Simpson: vittime e carnefici
Chiunque critichi i Simpson meriterebbe, se non il 41 bis, come minimo una punizione esemplare. Costringerlo a guardare le repliche de “Le sorelle di Monteverde” (capolavoro incompreso della fiction italiana) potrebbe essere una buona idea. Forse neanche troppo perchè almeno le attrici appagano la vista. Tornando ai Simpson, il loro intento è da sempre quello di ironizzare e canzonare lo stile di vita contemporaneo, anche con frecciate particolarmente crude, non percepite in tal maniera da un pubblico che spesso ama solo la risata fine a sé stessa. Homer è forse lo stereotipo più calzante dell’uomo dell’ultima parte del vecchio millennio e di quella iniziale del nuovo. Un sempliciotto pigro, irritante e senza troppe pretese nei confronti della vita, se non l’obiettivo di goderla appieno. È un prodotto della vecchia impostazione sociale: gioventù in parte turbolenta e un posto fisso – nonostante non sia un impiegato modello – che gli permette di avere una bella famiglia ed una casa più che dignitosa.
Simpson vs Fantozzi
In mezzo a questo copione, le storie. Che partono da antefatti lunghissimi che poi prendono pieghe impensabili. In mezzo tanta satira. Durante gli anni Matt Groening e soci non hanno risparmiato personaggi come George Bush padre, Gesù Cristo (conosciuto anche come Dio) e la religione in generale (feroce è stata la recente polemica sul personaggio di Apu, secondo qualcuno troppo offensivo nei confronti della comunità indiana), le forze dell’ordine guidate dal poco integerrimo Winchester ed il capitalismo, rappresentato dal subdolo signor Burns. Alienazione, il male del nato nel 19° e 20° secolo in ex aequo con la depressione di cui è causa. I Simpson sono una sorta di “Fantozzi” al contrario. Se con l’Ugo di Paolo Villaggio lo straniamento e le perplessità della classe proletaria erano fonti di una risata agro-dolce, con i Simpson questo schema non si ripete. È la vittoria del simpatico ottuso che spesso diventa, senza saperlo, alleato dei mali del nostro tempo, di quel cinismo che ferisce inconsapevolmente ma brutalmente le persone comuni. Il tutto condito da una redenzione che lava la sua coscienza e restituisce umanità. Fantozzi metteva a nudo le contraddizioni del sistema creando una sorta di empatia dovuta all’aggregazione da “mal comune mezzo gaudio”. I Simpson, invece, basano il loro successo sull’ottusità dell’uomo medio. Ora basta chiacchiere però: vado a vedere la tv e a mangiare qualche nocciolina dispersa nel divano.
Luca Villari