Limiti e pregi del governo di Mario Draghi
Nel giorno del giuramento non è possibile accennare critiche su un nuovo governo. E anche il governo Draghi conferma la regola. A parte le critiche di costume, poco sostanziali, la cerimonia della campanella porta con sé un fascino tutto suo che rende improbabili analisi lucide.
Non a caso si parla di “luna di miele” per indicare il periodo su massimo consenso ottenuto dal governo nei primi mesi del mandato. Questo sentimento di appagamento nasce dall’esigenza della tranquillità dopo la tempesta. E così sarà anche per il governo Draghi, se non di più. Il persistere della pandemia e la crisi di governo prolungata potrebbero accentuare la sfera di “luna di miele” che circonderà il governo di Mario Draghi. Per non parlare di tutta la narrazione del “SuperMario” che porta a un’alterazione del sentimento di positività.
Ci sono però caratteristiche del governo Draghi che possiamo già notare e da cui possiamo trarre elementi interessanti. La squadra scelta è un mix fra politici e tecnici senza leader di partito. Salvo Roberto Speranza da cui sarebbe stato difficile prescindere data la realtà sanitaria attuale.
Draghi, per la parte politica del governo, ha fatto davvero un lavoro di cesello. Si può dire che abbia usato proprio la bilancia. Ogni forza politica è rappresentata con il peso parlamentare. In questo senso Draghi ha rispettato la sua promessa di tenere in forte considerazione il Parlamento. Poi non si potrà fermare certamente qui. Dovrà dosare tutti gli strumenti legislativi per riportare una centralità delle Camere.
Non si può non notare la presenza massiccia di tecnici in posizioni chiave per il futuro del Paese. C’è un limite che dovrà essere superato da tutte queste personalità molto autorevoli. Quello di svestire i panni di esperto e indossare i vestiti del politico. Il governo di Mario Draghi non può essere affiancato a quello di un decennio fa presieduto dall’economista Monti. Allora lo strumento da utilizzare erano le forbici. In questo momento invece l’esigenza è quella di pianificare il futuro del Paese. Un compito squisitamente politico.
La gestione dei 209 miliardi, a parte la trasparenza nell’utilizzo, necessita di un approccio politico: nulla a che vedere con competenze tecniche che sono già costudite all’interno dei ministeri. Il rischio dunque è che si realizzi un cortocircuito per la sovrapposizione di esperienze tecniche.
C’è invece un aspetto che lascia sorpresi. Nella lista dei ministri mancano quello all’ambiente e quello allo sport. Sappiamo che Draghi ha portato la novità del ministero alla transizione ecologica che però avrà carattere più di pianificazione che di gestione. Per lo stesso motivo ci si potrebbe interrogare sulla scelta di uno scienziato per un ruolo, invece, squisitamente politico.
Ma, a parte il dettaglio, manca un ministero che gestisca le questioni ambientali. Spacchettare così tanto le competenze potrebbe portare verso una confusione di direttive su un aspetto piuttosto emergenziale sul territorio italiano.
A far discutere è poi il neo ministero alle disabilità. Chiesto dalla Lega che lo ha guidato nel primo governo Conte. Analizzato singolarmente non è un’idea sbagliata. Ma potrebbe diventarlo a seconda dell’approccio politico con cui sarà gestito.
A poche ore dal giuramento solo questo si può fare. Tracciare con una matita spuntata quali potrebbero essere le criticità del nuovo governo. Un governo che si dice avere la data di scadenza ma che in realtà potrebbe avere anche la forza di arrivare fino al 2023. Certo, il Presidente del Consiglio Draghi ha già diverse questioni gestionali su cui misurarsi politicamente.
Federico Feliziani
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