Ventitré maggio 1430, attorno alle mura della di Margny una ragazza, neppure ventenne, viene fatta prigioniera di guerra.
Trenta maggio 1431, a Rouen quella stessa ragazza viene bruciata viva con l’accusa di eresia.
Lei, come ormai avrete capito, è Giovanna d’Arco.
Giovanna che non abbassò mai la testa. Giovanna che anche in guerra riuscì a mantenersi umana assistendo un soldato nemico che stava morendo. E Giovanna che, in quanto donna, pagò a caro prezzo il suo coraggio.
La storia che conosciamo
La storia, probabilmente, la conoscete tutti. Nata in una famiglia di contadini, inizia fin da piccola a sentire delle “voci” che la incitano a prendere e a salvare il suo popolo, i francesi, dai nemici inglesi. Siamo infatti nel periodo della guerra dei cent’anni e i francesi avevano più di un problema in questo frangente. Fu Giovanna a risollevarne le sorti ponendosi a capo delle armate e guidandole in battaglia.
Questo è ciò che la storia ci insegna, ci racconta della “santa martire” che dagli inglesi fu messa a morte. Quello che però a volte si dimentica e che Giovanna d’Arco fu messa a morte ben prima, ovvero nel momento in cui scelse di mettersi l’armatura.
Un futuro (non) già stabilito
Non vogliamo attaccare un sermone sulla violenza della guerra, e su quante vittime faccia. Non è questo il punto. Il punto è che la storia di Giovanna ci pone davanti a una domanda.
Quanto nella storia essere donna ha significato subire questa “condizione”?
Giovanna D’arco era una contadina analfabeta. Nel suo percorso di vita tutto era già stato delineato dai genitori (che infatti si opposero alla partenza della ragazza). Lei si sarebbe dovuta sposare e fare figli. Per seguire la sua strada Giovanna dovette, allora, sfidare la famiglia e la società tutta.
Nell’epoca della “caccia alle streghe”, in cui il potere era sempre e solo esercitato dagli uomini, scelse di andare contro le convenzioni sociali, di autodeterminarsi contro il pensiero dominante.
E fu questa la causa della sua morte.
L’intollerabile Giovanna
Non si poteva accettare che Giovanna, una donna, si fosse fatta valere in battaglia. Non lo potevano accettare gli inglesi, che la chiamavano “puttana”, e, in fondo, non lo potevano accettare neppure i francesi.
Fu infatti, probabilmente, il governatore della città ad impedirle di entrare e di mettersi in salvo, e niente di ufficiale venne fatto per liberarla.
La ragazza che rappresentava il black-out dell’equilibrio di un sistema in cui nessun tipo di ruolo veniva alle donne riconosciuto, venne abbandonata al suo destino. Non si poteva tollerala.
I prigionieri di guerra nel medioevo venivano solitamente rilasciati dietro riscatto. Lei doveva invece essere eliminata.
La storia si ripete
Giovanna d’Arco fu unica nel suo tempo ma ciò che subì, purtroppo, non è diverso da ciò che molte donne hanno subito e subiscono ancora oggi.
Non diamo fuoco più a nessuno, ma quante volte una donna ha pagato le sue scelte in quanto donna?
Ultima (ma solo in ordine cronologico) Silvia Romano, che dopo essersi convertita ha subito linciaggio mediatico da parte di una società spesso “Islamfobica” e che ancora mal vede il velo che copre la donna. L’odio che ha subito è stato tale da far valutare la possibilità di una scorta.
Potremo anche parlare di Carola Rackete e degli insulti sessisti che le sono state rivolti mentre scendeva dalla nave, solo perché ha scelto di salvare vite piuttosto che odiare. Oppure possiamo anche citare Tiziana Cantone che si suicidò dopo la pubblicazione di un suo video hard.
Lei come tante, che dalla nostra società sono punite perché scelgono in modo libero come vivere la propria sessualità. Avvolte dal fuoco non del rogo ma del web.
“Sono il tuo tuo sogno eretico”
Le loro storie non sono paragonabili, ma paragonabile è la violenza che su di loro si è rovesciata. Una violenza esercitata da chi mal concepisce la possibilità per una donna di autodeterminarsi e da chi, vittima lui stesso dell’oppressione che esercita, in fondo guarderà sempre con invidia chi è in grado di scegliere oltre ciò che è imposto.
Li guarderà con invidia, e forse, in fondo, sognando quello stesso coraggio. E sarà un sogno che non potrà rivelare, un sogno (come canta Caparezza) eretico.
Miriam Ballerini
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