Nell’anniversario della nascita del grande Maestro Eduardo, festeggiata con la straordinaria trasmissione televisiva di documentari e delle sue opere più famose, non si può fare a meno di pensare alla contemporaneità del suo pensiero.
Eduardo compie oggi 120 anni: le sue opere hanno in media quasi un secolo, eppure restano eterne. Eterne sono le sue riflessioni sull’animo umano, sull’incomunicabilità, sulla memoria e sui valori della famiglia e della società. Nell’eternità della sua filosofia, abbiamo scelto cinque tra i più bei monologhi di Eduardo che il Maestro avrebbe potuto scrivere anche ai giorni nostri.
Da Le Voci di Dentro– 1948, Atto II
“Io vi ho accusati e non vi siete ribellati, eppure eravate innocenti tutti quanti…Lo avete creduto possibile. Un assassinio lo avete messo nel bilancio di famiglia! La stima, don Pasqua’, la stima reciproca che ci mette a posto con la nostra coscienza, che ci appacia con noi stessi, l’abbiamo uccisa…E vi sembra un assassinio da niente? Senza la stima si può arrivare al delitto. E ci stavamo arrivando.”
Da Questi Fantasmi, 1946- Atto III
“Come ci riduciamo… Che tristezza… Come finisce tutto l’entusiasmo, tutto l’amore. Mesi e mesi senza scambiare una parola, un pensiero… E pensare che quando uno esce gli può capitare qualsiasi cosa Può finire sotto un’automobile, un camion, prendersi una revolverata così per sbaglio. C’é il pericolo di non rivedersi più! E invece niente, non siamo capaci di dirci altro… E da quanto tempo non ti sento parlare… Te ricordi Maria quando facevamo l’amore? Anche allora non parlavamo per timidezza, ma con gli occhi ci dicevamo tante cosa. E io mi sentivo goffo vicino a te, perché mi sentivo niente in confronto a te ….E quando uno si sente niente, tutto diventa più facile, più piacevole… Per qualunque cosa si trova il rimedio: anche la morte in quei momenti diventa bella! Si scherza, si ride, senza quel preconcetto di superiorità… E invece no, adesso dobbiamo tenere il punto. E, forse, ci portiamo un cuore gonfio di amarezza, di tristezze, di tenerezze, che, se solamente per un attimo, riuscissimo ad aprire l’uno con l’altro… Ma niente… Deve restare chiuso … Poi ad un certo punto si perde anche la chiave e chi la trova più! Noi abbiamo perso la chiave, Maria…”
Da Gli Esami non finiscono mai, 1973-. Atto II
“…che mi sono scocciato di sottostare alla legge del vivere civile che t’assoggetta a pronunciare i “sì” senza convinzione, quando i “no” salgono alla gola come tante bolle d’aria; quei “sì” estorti con la complicità del galateo, il quale poi se ne lava le mani quando quel “sì”, per chi te l’ha estorto, diventa un impegno tassativo che devi mantenere a tutti i costi, se non vuoi passare alla storia come un fuorilegge.”
Da Le Voci di Dentro, 1948- Atto II
“Giesù, ma questa è la fine di tutto! Questa è la fine del mondo! Il giudizio universale! Qui si sta facendo il giudizio universale e non ce ne accorgiamo. Ecco perché ci fanno meraviglia certe disgrazie, certe sciagure che succedono… Ma io mi vergogno di appartenere al genere umano. ma per carità! Io vulesse essere na scigna, nu pappagallo. Il pappagallo è meglio di noi.. e si capisce .. perché parla, non sa quello che dice … è compatibile… ma noi abbiamo avuto il dono del pensiero, il ragionamento, .. ma ti rendi conto … la parola per esprimerci!”
Da Napoli Milionaria!, 1945- Atto III
“A te ca nun he’ saputo fa’ ‘a mamma, che faccio, Ama’, t’accido? Faccio ‘a tragedia? E nun abbasta ‘a tragedia ca sta scialanno pe’ tutti o’ munno, nun abbasta ‘o llutto ca purtammo nfaccia tutte quante […] io aggia capito che aggi’ a’ sta ccà. Cchiù a famiglia se sta perdenno e cchiu’ o pate ‘e famiglia ha da piglia’ ‘a responsabilità. E se ognuno putesse guarda’ a dint’a chella porta… ogneduno se passaria ‘a mano p’ ‘a cuscienza… Mo avimm’ aspetta’, Ama’…”
Margherita Sarno
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