Alzi la mano chi nella propria vita ha sentito parlare di cultura ebraica al di fuori dell’Olocausto e dei corsi di catechismo.
La cospicua trasposizione nelle arti visive – soprattutto nel cinema – ha sempre dato particolare attenzione all’umorismo yiddish o alla strage nazista. Ma gli ebrei annoverano una storia tormentata dalla notte dei tempi, inscindibile dagli eventi storici che ne hanno condizionato il destino e fino ad oggi sconosciuta ai più.
Ripercorrere in poche righe questa storia travagliata è ovviamente impossibile, ma ci si può concentrare su una tappa in particolare: quella negli Stati Uniti. New York, di fatti, ospita ad oggi la più grande comunità ebraica del mondo. Ed è a New York – New Amsterdam all’epoca dei fatti – che gli ebrei devono un’importante fase della loro storia religiosa, e da cui possiamo partire per colmare alcune lacune.
L’emigrazione ebraica del 1654
Nella millenaria storia degli ebrei, il 1492 è l’anno che, alla scoperta del nuovo continente, accompagna la loro espulsione dalla Spagna. Fino al periodo dell’Inquisizione, in confronto agli ebrei del resto d’Europa, quelli spagnoli e portoghesi avevano goduto di una posizione privilegiata: erano proprietari terrieri e non erano emarginati in un ghetto, bensì ben integrati con il resto della popolazione.
Con l’Inquisizione cominciò l’ennesima persecuzione. Gli ebrei furono costretti a convertirsi al cristianesimo, pena l’espulsione. Cominciò allora il loro esilio che li portò a disseminarsi nel bacino del Mediterraneo, in Olanda e in Inghilterra, nonché sulle coste nord-americane.
Libertà ritrovata
La prima testimonianza dell’immigrazione ebraica a Nuova Amsterdam, l’odierna New York, è del 1654. Fu infatti in quell’anno che i primi due immigrati ebrei vi giunsero dall’Europa. Anche qui, ovviamente, i profughi non venivano accolti a braccia aperte; tuttavia, il governatore della colonia, Peter Stuyvesant, che non avrebbe voluto accoglierli, ricevette questo messaggio dalla Compagnia Olandese delle Indie occidentali:
“Sebbene noi desideriamo di tutto cuore che questi e altri settari rimangano fuori di qui, dubitiamo assai se procedere con severità contro di loro senza diminuire la popolazione e fermare l’immigrazione. Voi dovreste dunque chiudere gli occhi e permettere ad ognuno di avere le proprie credenze.”
Con l’implicito ordine di non impedire lo sbarco di coloro che non fossero di peso alla società e alla Compagnia, il 20 aprile 1654 gli ebrei ricevettero ufficialmente la possibilità di professare liberamente il proprio culto. Esempio emblematico di ciò che l’America ha sempre rappresentato: una terra di vita nuova e di libertà.
Conoscere gli ebrei, partendo da New York
Probabilmente possiamo ringraziare l’immigrazione americana del 1654 se oggi possiamo approfondire, almeno in parte, alcuni aspetti dell’ebraismo contemporaneo.
Di seguito, tre materiali di cui approfittare che, non a caso, partono tutti dalla città di New York:
Unorthodox (2020)
La recentissima miniserie lanciata da Netflix analizza una delle correnti complesse dell’ebraismo, quella ultra ortodossa chassidica che propone un modello di religiosità più intensa e meno intellettualistica. Fu l’Olocausto a decimare gli ebrei chassidici, e i superstiti – convinti che per ricostruire ciò che la seconda guerra mondiale aveva distrutto occorresse proteggersi attraverso la costituzione di una comunità chiusa e severa – si ristabilirono a New York, nel distretto di Brooklyn (Williamsburg).
A pochi km dal centro della grande mela, la comunità che vediamo nella serie sembra vivere in un mondo a sé. Nella loro piccola bolla di terra santa, di matrimoni combinati finalizzati alla procreazione e lontani da internet, alcuni membri – tra cui la giovane Etsy, 19enne costretta ad un matrimonio infelice – iniziano a dubitare e a porsi dei quesiti su quanto la fede possa trasformarsi in un potente oppiaceo.
Ogni cosa è illuminata, Jonatahan Safran Foer (2002)
Edito nel 2002, Ogni cosa è illuminata è un gioiello letterario che ha aperto il XXI secolo. Con una vecchia fotografia in mano, un giovane studente ebreo americano – ovvero, lo scrittore stesso – intraprende un viaggio in Ucraina alla ricerca della donna che avrebbe salvato suo nonno dai nazisti.
Ad accompagnarlo ci sono un cane puzzolente, un giovane coetaneo ucraino e il nonno di quest’ultimo, affetto da cecità ma che guida da nord a sud del paese. Il racconto segue il loro itinerario di viaggio che si trasforma in una vera e propria saga ebraica: tra il tragico e il farsesco, apre gli occhi sul presente e su una cultura di fatti sconosciuta.
Gli ebrei di New York, Maurizio Molinari (2007)
Maurizio Molinari ripercorre tre secoli di storia attraverso l’espediente della letteratura di viaggio per ricostruire il caleidoscopico mosaico di New York, presentata come la più grande e variegata città ebraica del mondo.
No memorie, ma contemporaneità pulsante: Molinari racconta di personaggi straordinari e gente comune, di storie, aneddoti, curiosità, luoghi, identità, bizzarrie, quotidianità e potere. Un reportage che sembra quasi calarci in una commedia di Woody Allen.