Editoriali

Don Michele Mottola arrestato per abusi su minore: pentimento senza sentimento

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Riportata recentemente agli onori della cronaca dal programma televisivo Le Iene,  la delicata questione di abusi su una minore da parte del sacerdote campano Don Michele Mottola, ha visto, in questi giorni, quello che sembra essere un principio di epilogo, con l’arresto del parroco.

L’abuso e la denuncia.

Sacerdote nella Parrocchia di S. Giorgio a Ducenta, in provincia di Caserta, Don Michele aveva cominciato a riservare particolari attenzioni ad una bambina di 11 anni che frequentava l’ambiente parrocchiale. Le attenzioni verso la bimba erano diventate sempre più morbose, al punto che la piccola iniziava, seppur nella sua innocenza, ad avvertire la malizia nei gesti più che affettuosi del sacerdote nei suoi confronti.

Il sospetto l’aveva portata a registrare, attraverso il suo smartphone, gli audio dei suoi incontri con il religioso, rivelando particolari scabrosi.

Sono audio che fanno rabbrividire anche solo immaginando di associarli a scene realmente vissute dalla bambina.  Tali registrazioni, sono diventate prove: presentate alla Diocesi di Aversa nel maggio del 2019, sono culminate con un provvedimento disciplinare cautelativo verso il parroco che è stato interdetto dalle sue funzioni.

In attesa che si completassero le procedure di verifica giudiziarie, sia di natura canonica che civile, le acque erano tornate calme. Fino alla diffusione degli audio attraverso il servizio di Nina Palmieri nel celebre programma televisivo.

Davanti alle telecamere, Don Michele aveva negato qualunque tipo di coinvolgimento nella faccenda, reiterando la propria innocenza e continuando ad accusare la bambina di calunnia ai propri danni. Intanto, però, la giustizia si è mossa e le verifiche del caso si sono compiute: la piccola non aveva mentito e per il parroco sono scattati gli arresti.

Pentimento senza sentimento.

Il sacerdote ha inizialmente ribadito la propria estraneità ai fatti, fin quando, forse consigliato da un buon avvocato, ha ammesso la propria colpa. Don Michele ha definito il suo sopruso nei confronti della minore come di una debolezza per la quale ha chiesto perdono, assicurando di voler intraprendere un cammino di recupero e di volersi rimettere alla giustizia terrena e a quella divina

Dal carcere napoletano di Secondigliano ha tenuto a rendere nota la sua ammissione di colpa e ha porto le proprie scuse alla famiglia della bambina abusata. Scuse dirette, quindi solo ai parenti della vittima e non alla vittima stessa. A riprova di un timore che Don Michele Mottola nutre, forse, per la rabbia della famiglia colpita che, come si può immaginare, non ha tardato a mostrarsi. Qualche giorno fa, infatti, secondo giornali locali, il sacerdote è stato malmenato da alcuni parenti della minore.

L’uomo di Chiesa, sorretto dall’uomo di Legge, nella sua confessione, ha pensato bene di chiedere gli arresti domiciliari. Si sa che, per un pedofilo, le pene inflitte dalla detenzione carceraria sono moltiplicate dai detenuti stessi, giudici e boia di chi mette le mani sui bambini. Non che fuori lo aspetti un’accoglienza più calorosa, comunque.

Il coraggio della vittima.

Qualunque sia la sorte che toccherà a questa persona che, a questo punto non si può definire più sacerdote né uomo nella completa accezione del termine, resta il pesante macigno nella vita della vittima.

Una persona che Don Michele ha arbitrariamente calpestato e spinto nell’abisso dell’abuso, facendole sperimentare sulla propria pelle il senso di impotenza e l’incapacità di reazione, la colpevolizzazione di se stessa, la frustrazione per non essere creduta. Mai si sarebbe aspettato che dopo tutto questo, la sua vittima avrebbe trovato il coraggio.

E deve essere stato ancor più difficile da trovare, considerata la natura del “nemico”. Se una donna rinuncia a denunciare un abuso perché teme di non trovare accoglimento della propria richiesta di aiuto, figurarsi una bambina che viene, in un primo momento, tacciata di calunnia e accusata di essere “brava a mentire”.

Qualunque forma di coraggio è destinata a soccombere sotto il timore di mettersi contro un mondo che tante, troppe volte pare essere impregnato di un’omertà degna dei più rigidi clan mafiosi.

Margherita Sarno

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Margherita Sarno
Nata in una domenica di maggio, dedita agli studi linguistici trasformatisi poi in islamici, dopo la laurea diventa giornalista. Scrive per chi ama l’informazione pulita, per chi vuole ritrovarsi nelle parole che evocano sentimenti comuni e soprattutto per chi cerca la compagnia tra le righe.