Il venti ottobre arriverà alla camera il Ddl Zan.
Conosciuto dai più come “legge contro l’omobitransfobia”, esso ha lo scopo di sanzionare i comportamenti che discriminano sulla base dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale.
Potrebbe significare un punto di svolta per l’Italia.
Se difatti tale legge passasse, sarebbe realmente possibile combattere contro la discriminazione omobitransfobica e rendere l’Italia una la società più giusta ed equa, ma non tutti sono d’accordo.
Accusato infatti, dalla CEI e dalle associazioni pro-vita, d’essere una legge liberticida, il Ddl è stato al centro del dibattito degli ultimi mesi e su di esso molte cose sono state dette, molte bugie.
Il fuoco della polemica infatti è stato alimentato dalle associazioni pro-vita sfruttando l’ignoranza della maggior parte delle persone sulle tematiche LGBTQ+, e dando, in questo modo, una rappresentazione distorta della “legge contro omobitansfobia”.
Una rappresentazione che non è realtà.
Per questo oggi, noi di BorderLain, abbiamo deciso di analizzare le principali critiche mosse in questi mesi al Ddl Zan al fine di fare chiarezza attorno ad una legge che vuole solo tutelare i cittadini.
Una legge NON liberticida
Una tra le primissime critiche è già stata riportata sopra: “Il Ddl Zan è una legge liberticida”.
Chi afferma ciò sostiene che l’approvazione della legge porterebbe a negare la libertà dei singoli di esprimersi sul tema dell’omosessualità (avvisate quando anche l’eterosessualità sarà un tema su cui discutere), omo-genitorialità e matrimonio egualitario.
Si sostiene che non sarà più possibile affermare che l’omosessualità è contro natura o che si è contro l’adozione e il matrimonio per le coppie dello stesso sesso.
Non sarà più possibile perché si sarebbe passibili di denuncia e di conseguente condanna.
È vero questo?
No.
La prima affermazione è espressione di una profonda ignoranza culturale e scientifica ma se rimane sul piano teorico non è sanzionabile: non si traduce infatti in un comportamento discriminatorio nei confronti di una persona.
Per quanto infatti un tale pensiero sia aberrante, esso rimane un pensiero che potrà essere espresso, come ha chiarito anche la “clausola salva idee” aggiunta, per chiarezza, al Ddl Zan.
Stesso discorso deve essere fatto per quanto riguarda alle altre due affermazioni.
Sono entrambe prive di qualsiasi tipo di fondamento (ampie ricerche scientifiche hanno dimostrato che omo-genitorialità non comporta alcun tipo di mancanza e non si capisce cosa abbia in meno il matrimonio tra due persone dello stesso sesso) ma rimangono, appunto, pensieri non comportamenti sanzionabili.
Inoltre lo stato italiano non tutela (purtroppo) l’omo-genitorialità, né permette il matrimonio (ad oggi avvengono solo le “unioni civili”) dunque in che modo potrebbe punire il cittadino che si esprime secondo le sue leggi?
Ecco dimostrata la falsità di questa prima critica.
Un necessario intervento, non una legge “ad personam”
La seconda critica che viene mossa al Ddl Zan è quella di voler creare un’élite di “intoccabili”.
Una casta (in coerenza con chi parlava di “lobby gay”) protetta da una legge “speciale” che li eleva sopra i normali cittadini.
È davvero così?
Di nuovo: no.
Il Ddl Zan non sta rendendo la comunità LGBT+ i “nuovi illuminati” e questo lo si capisce se anche solo si guarda al testo della legge in sé.
La proposta di legge non va a introdurre norme nuove ma modifica leggi già precedentemente presenti.
Stiamo parlando, nello specifico, della legge 654 e del decreto legge 122.
Quest’ultime sanzionavano già i comportamenti discriminatori sulla base della nazionalità, della razza e della religione, ora attraverso il Ddl Zan saranno sanzionate anche le discriminazioni dovute all’identità di genere e all’orientamento sessuale.
Il Ddl Zan dunque non crea una nuova legge ad personam.
Esso piuttosto adegua una precedente legge rendendola ancora più efficace.
Credere dunque che la comunità LGBTQ+ sarà ora su un “piano superiore” significa pensare che anche la comunità nera lo sia perché di fatto, con le modifiche che il Ddl Zan potrebbe introdurre, sono entrambe protette dalla medesima legge.
Inoltre se guardiamo al testo di legge notiamo che non si fa riferimento a singole categorie ma alle cause delle discriminazioni.
Questo significa che se una persona ne discriminasse un’altra solo perché quest’ultima è etero tale comportamento sarebbe passabile di denuncia.
Il fatto che nel testo si faccia riferimento all’omobitransfobia e non ad un’ipotetica eterofobia è perché la prima è realtà la seconda no (almeno che non vi chiamiate Matteo Salvini).
Si sta dimostrando così l’inconsistenza di tale accusa la quale, spesso, e anche seguita da affermazione quali “Perché non c’è anche una legge che protegge i disabili e le persone in sovrappeso?”
L’inconsistente benaltrismo
Una legge che combatta l’abilismo e il body shaming è necessaria al pari del Ddl Zan ma non si comprende il motivo per cui dovrebbe escluderlo .
Quest’ultimo non impedisce a nessuno, che sia al governo, di combattere perché si ottengano tutele anche per chi è discriminato in quanto grasso o disabile; eppure non si è visto alcun membro della destra (principale oppositrice al Ddl) farlo. Così come nessuna proposta in tal senso è stata fatta dai comitati pro-vita.
La realtà, allora, è che non sia ha un reale interesse per la causa ma semplicemente la si sta usando per i propri scopi.
È benaltrismo e della più becera specie.
La volontà di educare non di “indottrinare”
Infine la terza critica che viene fatta al Ddl Zan è di voler indottrinare i bambini nelle scuole attraverso una fantomatica “teoria gender”.
Questo perché all’interno del disegno di legge si delinea l’intenzione di proporre (in concomitanza con la giornata contro l’omobitranfobia) attività che educhino alla diversità e al rispetto delle diverse sessualità.
Questo è l’obiettivo ultimo, non “il plagio della mente”.
Inoltre nulla viene fatto alle spalle dei genitori.
In ogni scuola (dalle elementari alle superiori) esiste un consiglio di classe che ha l’obbligo di rendere noto ai genitori i programmi e le attività svolte. In più, trattandosi di attività extracurriculari, il genitore ha la possibilità di impedire al figlio di parteciparvi.
Nessun indottrinamento dunque e piena possibilità di scelta lasciata al genitore.
I numeri della discriminazione
Il Ddl Zan non è un “piano malefico” architettato contro la famiglia o la società.
Esso è piuttosto la risposta ad un problema reale.
Il 62% delle coppie dello stesso sesso non si tiene per mano perché ha paura.
Il 30% delle persone facenti parte della comunità LGBTQ+ non frequenta posti pubblici perché teme aggressioni.
Il 23% ha subito discriminazioni sul lavoro.
Il 32% dichiara di aver subito una molestia nell’ultimo anno.
L’84% ha subito violenza negli ultimi cinque ma non ha denunciato per paura.
Il 61% non esprime liberamente la propria identità.
Il 90% delle persone transessuali sotto i venticinque anni è a rischio suicidio.
Il Ddl Zan è necessario, ora più che mai.
Miriam Ballerini
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