Cervelli in fuga
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Editoriali

EDITORIALE – Cervelli in fuga: fondi ERC per la Ricerca, vincono gli italiani ma non l’Italia

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La scorsa settimana, l’European Research Council (ERC) dell’Ue, nell’ambito del programma ‘Horizon 2020’, che premia i cervelli europei più brillanti, ha assegnato gli ‘Starting Grant’ 2019. Tali fondi, per un valore complessivo di 621 milioni di euro, permetteranno a 408 giovani ricercatori di iniziare la loro opera di ricerca con borse di studio che superano anche il milione di euro per ciascuna iniziativa.

Italiani premiati, Italia bocciata.

Nella distribuzione europea, gli italiani si sono piazzati al terzo posto, con 37 progetti vinti, subito dopo la Francia- con 38- e la Germania che svetta con 72 assegnazioni. Ogni vincitore può scegliere la struttura in Europa in cui svolgere il proprio lavoro di ricerca ed è qui che si apprende che, nonostante il numero di cervelli italiani meritevoli sia alto, non lo è altrettanto quello delle istituzioni nostrane selezionate dai borsisti. L’Italia ospiterà soltanto 18 di questi progetti, mentre Germania e Inghilterra sono state scelte da più del triplo dei vincitori. Perfino la Spagna e la Svizzera ci superano nella classifica delle strutture di innovazione selezionate, con 20 e 31 progetti rispettivamente, a riprova del fatto che le nostre menti continuano a fuggire dall’italico stivale.

Tra i progetti finanziati dall’ERC che saranno sviluppati in Italia, 13 strutture in tutto il Paese, ve ne sono quattro dell’Istituto Italiano di Tecnologia, proposti da due menti italiane, una tedesca e una iraniana. In particolar modo è interessante il progetto di ricerca presentato da Velia Siciliano, dell’IIT di Napoli, sullo sviluppo efficiente dell’immunoterapia contro i tumori.

Cervelli che tornano.

Il campo medico, accanto a quello tecnologico, è tra i più incentivati con progetti come quello di Jean Michel Cioni dell’Istituto San Raffaele di Milano che cerca nelle cellule nervose la soluzione alle malattie neurovegetative. Jean Michel è uno scienziato francese di origini italiane, classe ’84, intervistato da AdnKronos ha maturato una riflessione su come i ricercatori italiani premiati dall’UE scelgano, anno dopo anno, di portare i propri progetti sempre più lontano dall’Italia, ritenuto un Paese che non dedica sufficiente spazio e né adeguate risorse economiche alla ricerca di base.

Questo non sembra essere un impedimento per le nostre giovani menti  che, seppur con scarse risorse, riescono ad avere una preparazione a livelli molto alti  che conduce a risultati eccellenti. Viene da domandarsi allora cosa saremmo capaci di fare se, oltre alla volontà e alle capacità, avessimo anche appropriati finanziamenti. Cioni, nella sua intervista, ha poi dichiarato che la priorità di ciascun governo dovrebbe essere proprio quella di sostenere la ricerca di base: così facendo il governo italiano, in particolare, riporterebbe a casa molti di quei cervelli che consideriamo fuggiti. Sì, è vero, lui è uno di quelli, ma dietro il suo ritorno c’è l’amore (moglie italiana) ed il finanziamento europeo.

Libertà, curiosità e stabilità.

La diaspora italiana delle menti più brillanti ci mette di fronte alla presa di coscienza per la quale siamo un Paese che si impoverisce ad ogni stampa di un biglietto aereo di sola andata. Le risorse economiche dirottate su versanti che non promuovono la cultura e la ricerca sono una puntata sbagliata, una scommessa persa in partenza, un azzardo che non possiamo permetterci.  “Per rispondere alle sfide più difficili della nostra epoca – ha dichiarato Carlos Moedas, commissario europeo per la Ricerca, la Scienza e l’Innovazione – gli scienziati hanno bisogno di libertà e condizioni che consentano loro di seguire le proprie curiosità.” L’Unione Europea- attraverso la promozione di iniziative come lo Starting Grant- offre la possibilità alle menti brillanti di perseguire le loro idee più audaci, mettendole in condizioni di trovare sempre nuove opportunità di progresso. Possiamo ritenere il nostro Paese in grado di offrire le stesse possibilità?

Margherita Sarno

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Margherita Sarno
Nata in una domenica di maggio, dedita agli studi linguistici trasformatisi poi in islamici, dopo la laurea diventa giornalista. Scrive per chi ama l’informazione pulita, per chi vuole ritrovarsi nelle parole che evocano sentimenti comuni e soprattutto per chi cerca la compagnia tra le righe.