Benvenuti ad un nuovo appuntamento con RecenSara, la rubrica di cinema a base di recensioni che esplora il mondo delle piattaforme streaming alla ricerca di prodotti, vecchi e nuovi, da consigliarvi (o sconsigliarvi).
Il protagonista della recensione di oggi è un film musical uscito in streaming su Prime Video il 3 settembre: stiamo parlando di “Cenerentola“. Scritto e diretto da Kay Cannon e con protagonista Camila Cabello, “Cenerentola” è l’ennesima reinterpretazione in chiave moderna della fiaba di Charles Perrault.
La storia la sappiamo tutti: Ella, detta Cenerentola, passa la sua vita a fare da sguattera alle sue sorellastre e alla sua matrigna. Ci sono il ballo, il principe, la Fata Madrina e la scarpetta di cristallo. E alla fine, ovviamente, tutti vivono felici e contenti. La novità di questa versione? Cenerentola sogna di fare la sarta.
Sulla carta questo film avrebbe tutte le carte in regola per diventare qualcosa di interessante e audace: un musical su una Cenerentola moderna che non sogna il principe azzurro ma la carriera. Peccato che avrebbe è condizionale e questo film è tutto meno che interessante e audace. Ma andiamo con ordine.
Il debutto di Camila Cabello
“Cenerentola” segna il debutto come attrice della cantante Camila Cabello. La storia insegna che non basta saper cantare per poter rendere credibile il personaggio di un musical. Infatti alla Cabello non basta muovere la mascella durante i vocalizzi per rendere la scena più intensa. Inoltre, se la sua voce è affiancata dalla potente voce di Idina Menzel, la Cabello non può che sfigurare (non me ne vogliate, ma ci sono un paio di punti in cui ha stonato). Quando finirà questa moda di realizzare film con le pop star come protagoniste? Lady Gaga è stata una bellissima eccezione, Camila Cabello una deludente conferma.
Cenerentola “femminista”
Ma il vero grande problema di questo musical lo si trova nella sceneggiatura e nelle sue intenzioni non rispettate. Personaggi piatti, dialoghi pieni di cliché e una rilettura moderna alquanto superficiale: tutte queste caratteristiche rendono debole “Cenerentola” dal punto di vista narrativo e, soprattutto, nel messaggio. L’intenzione femminista si sente, ma viene posta in maniera totalmente errata. Vuoi far passare il messaggio dell’uguaglianza di genere? Rendere i personaggi maschili dei bambocci per far risplendere quelli femminili non è il modo corretto. Se si aggiungono una quantità di battute scontate sulla donna in carriera il risultato ovviamente non migliora. “Cenerentola” più che femminista sembra una manovra di pinkwashing uscita un po’ fuori dai binari.
Uno stile confuso, per fortuna c’è Billy Porter
A contribuire a rendere “Cenerentola” un musical piuttosto mediocre ci si mettono la scenografia, i costumi, la fotografia e la colonna sonora. La scenografia e i costumi presentano un’accozzaglia di stili e epoche che risultano fastidiosi alla vista. Se poi si aggiunge una fotografia incapace di gestire le luci — soprattutto il bianco — l’aspetto finale della pellicola è abbastanza scadente. La ciliegina sulla torta, che quasi fa pensare che tutta questa confusione sia in realtà voluta, è la colonna sonora. Totalmente senza direzione e senza continuità, alterna canzoni originali a grandi successi pop. Manca totalmente di una sua identità e soprattutto di originalità (l’annuncio rappato del ballo lo aveva già fatto “Hamilton” nel 2015).
L’unica nota positiva è Billy Porter nei panni della Fata Madrina, Fab G: elegante e credibile, perfettamente nel suo elemento. In una parola: divino.
“Cenerentola” delude qualsiasi tipo di aspettativa confermando un pensiero che da una decina d’anni riecheggia negli spettatori: al posto dell’ennesimo remake che ha l’intento di rileggere la storia in chiave moderna, non sarebbe male vedere qualche cosa di nuovo, di originale, di innovativo.
VOTO: 1/5
RecenSara, come avete potuto vedere, è diventata una rubrica settimanale. L’appuntamento è per lunedì prossimo con una nuova recensione. Alla prossima!