Una tensione secolare e una playlist che ci invita alla riflessione
La morte di George Floyd, avvenuta nel maggio di quest’anno balordo (anche per altri tanti motivi) per mano della polizia di Minneapolis, è stata soltanto la punta dell’iceberg di un clima di tensione che da anni, per non dire da sempre, cova sotto la cenere della rabbia sociale americana. Floyd è un nome che si aggiunge a quelli di Michael Brown, Breonna Taylor, Eric Garner e tanti altri che hanno fatto le spese della vulnerabilità del tessuto sociale che sembra non riuscire mai, tra politica e quotidiano, ad assestarsi pacificamente in un equilibrio di interculturalità e parità di diritti. E mentre c’è chi nelle piazze di tutto il mondo, prendendo le mosse dalle proteste cominciate in America, prova a dire “basta”, proviamo a ripercorrere il cammino di chi ci ha provato tra musica e parole, con una playlist che ci invita alla riflessione.
1. Sufjan Stevens – Jacksonville
Il brano è parte del concept album “Illinois”, dedicato all’omonimo stato statunitense. Sufjan Stevens intreccia il tema della disuguaglianza razziale (“afraid of the black man running”, “coloured preacher, nice to meet ya”) con una sorta di album dei ricordi della città di Jacksonville, con riferimenti al suo passato di capitale e alla sua importanza come uno dei primi grandi centri ferroviari d’America.
2. Macklemore & Ryan Lewis – White Privilege II
“I want to take a stance cause we are not free
And then I thought about it, we are not “we”
Am I in the outside looking in, or am I in the inside looking out?
Is it my place to give my two cents?
Or should I stand on the side and shut my mouth?
“No justice, no peace,” okay, I`m saying that
They`re chanting out, “Black Lives Matter,” but I don`t say it back
Is it okay for me to say? I don`t know, so I watch and stand
In front of a line of police that look the same as me
Only separated by a badge, a baton, a can of Mace, a mask”
In questo brano contenuto in This Unruly Mess I’ve Made, uscito nel 2016, il duo Macklemore-Ryan Lewis tratta delle condizioni impari che regolano la vita tra bianchi e neri negli Stati Uniti. Viene fatto esplicito riferimento agli abusi della polizia ed il brano è notevolmente importante nel discorso culturale relativo alla lotta antirazzista in America dato che, come si nota dall’estratto di cui sopra, viene esplicitato il nome di Black Lives Matter.
3. Prince – Baltimore
In questo brano Prince cita esplicitamente Freddie Grey e Michael Brown, due afromericani uccisi in circostanze separate. I loro casi hanno aumentato le perplessità, per usare un eufemismo, sulle efferatezze della polizia americana.
4. Bruce Springsteen – We Shall Overcome
Quello di Springsteen è un inno ai diritti civili che deriva da un’antica canzone gospel passata poi per diverse varianti. Nel 1946 le donne afroamericane in sciopero dell’American Tobacco Company ne cambiarono il testo originale per poi trasmettere il nuovo a Pete Seeger, il quale modificò il “We will overcome” in “We shall overcome”. Da lì, diffusasi oralmente, divenne un inno dei sindacati afro-americani. Tuttavia, specie negli ultimi anni quando è stata riproposta anche da John Baez alla Casa Bianca per le celebrazioni dell’epoca del Movimento per i diritti civili degli afroamericani, la canzone ha assunto un significato universale di uguaglianza ed è stata ripresa anche da altre comunità o movimenti a sostegno di altre cause.
5. Childish Gambino – This is America
Il brano di Childish Gambino è già di per sé un pugno allo stomaco, ma è il videoclip a denunciare nel modo più feroce, crudo e potente le violenze della polizia, i soprusi dei suprematisti e la discriminazione più strisciante, quella silenziosa, di cui sono quotidianamente vittime gli afroamericani. Perché fa male ed è triste doverlo constatare, ma ad oggi, “questa è l’America”.