Mentre la politica delle alleanze si trova in forte crisi sotto botta dopo l’elezione del Presidente della Repubblica, gli studenti chiedono ascolto quando si tratta di decidere del loro futuro: la maturità è il nuovo terreno di forte scontro fra le forze studentesche e il ministro Bianchi. Poi però si è aggiunto l’attacco micidiale alla magistratura del senatore Renzi: neanche Berlusconi è arrivato a tanto.
La normalità si deve palesare anche alla maturità. Il problema è che non si fanno i conti con la “generazione Covid”.
Abbiamo la memoria di una formica all’ombra della suol che la sua per pestare: se solo ci ricordassimo delle promesse politiche di quando stavamo sui balconi a fingere di conoscere il nostro vicino, oggi si capirebbe come l’esame di maturità deve tenere conto dei limiti oggettivi portati dalla pandemia.
Adesso siamo nel mood del ritorno tutti alla normalità e il ministro Bianchi ha deciso che da quest’anno saranno reintrodotte le due prove scritte alla maturità. Da qui lo scontro, già infuocato per la vicenda di Lorenzo Parella, con gli studenti che chiedono invece di considerare come una prova specialistica scritta li possa mettere in difficoltà visto la scuola intermittente di questi anni.
Così per l’ennesima volta si smentisce il classico proposito da cerimonia:gli studenti si ascolteranno un’altra volta. Infatti il ministro Bianchi, dopo averne ascoltata una rappresentanza, li rassicura tanto le commissioni d’esame saranno interne.
La protesta degli studenti dice però un’altra cosa, ovvero come non sia opportuno ripristinare la seconda prova scritta perché la preparazione su cui possono contare è labile. Si tratterebbe infatti di riconoscere che esiste una generazione di studenti fortemente segnata dalla situazione e agire di conseguenza. Non con una promozione politica, ci mancherebbe; ma con un’esame di maturità che tenga conto dei mesi persi, degli insegnanti che non hanno fatto lezione, della DaD a metà.
Ma il ministro Bianchi ormai lo conosciamo: non recepisce neanche gli allarmi dei presidi, figuratevi le proteste degli studenti.
Matteo Renzi a processo per l’inchiesta Open surclassa Berlusconi querelando i magistrati di Firenze
La democrazia è un delicato equilibrio fra poteri dove certe azioni non dovrebbero essere neanche pensate. Invece il senatore, ed ex presidente del consiglio, Matteo Renzi ha querelato i magistrati che lo hanno rinviato a giudizio nell’inchiesta sulla fondazione Open.
Che il senatore Renzi possa essere convinto di come questa inchiesta abbia lui come bersaglio non sarebbe il dramma peggiore. Andrebbe però dimostrato con delle prove vista la gravità dell’insinuazione. Quello che è più grave è la querela verso i magistrati da parte di un ex presidente del consiglio attuale senatore.
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Più che garantismo quello di Matteo Renzi è un attacco alla magistratura da legislatore: è un doppio salto mortale con atterraggio sulla responsabilità civile dei magistrati. Forse con Berlusconi ci siamo fatti le orecchie ma dal punto di vista istituzionale l’atteggiamento di Renzi rende permeabile il principio della separazione dei poteri. Se chi gestisce un potere ne ostacola un altro il sistema non regge e collassa.
Sicuramente ci divideremo fra chi pensa che sia un martire bersagliato dai giudici e chi pensa che il ruolo della magistratura si debba. Il problema però è un altro: un problema etico e di opportunità politica che il gesto della querela porta con sé.