Avevamo ripreso a viaggiare agli inizi di giugno, carichi delle migliori promesse per questa estate. Covavamo la viva speranza che la bella stagione avrebbe tenuto fede al noto epiteto che le si attribuisce. Reduci dalla quarantena e dall’isolamento forzato che avevano piantato in noi la convinzione che saremmo usciti migliori da questa prova di resistenza e sacrificio. Che ingenui!
Un Paese diviso in due
Il 3 giugno in Italia aprivano le frontiere regionali e nemmeno due giorni dopo girava per il web un video che aveva più carica virale del Covid stesso. Una lite in treno tra due passeggeri iniziava con l’invito –più o meno gentile non è dato sapere visto che il video comincia quando gli animi si sono già scaldati- ad indossare la mascherina per tutta la durata del viaggio, così come da disposizioni delle autorità. Vicenda sintomatica di un’Italia spaccata in due. Un Paese che si divide in due modi di essere che generano stereotipi contrapposti.
L’italiano medio di tipo 1 non sopporta le imposizioni: provate a vietargli qualcosa e lui la prenderà come una sfida. E allora “mettiti la mascherina quando sei in un luogo chiuso con altre persone” diventa “fai in modo di indossare la mascherina il meno possibile perché a te nessuno può dire quello che devi fare o no”. L’italiano medio di tipo 2, dall’altra parte, crede fermamente nelle imposizioni al di là di ogni ragionevole dubbio: “se c’è una legge io la rispetto, anche se non capisco il perché e, a costo di passare dalla parte del torto, mi scontro vivacemente con chiunque incontri per la mia strada”.
Medi senza misura
Va da sé che nonostante la definizione di “MEDI” questi tipi non hanno niente a che vedere con il senso della misura. Eppure siamo così: da un estremo all’altro. E lo eravamo già prima. Prima che la pandemia promettesse di renderci migliori. Prima che ci facesse rendere conto di quanto siamo fondamentalmente una chiavica anche nei nostri tentativi goffi di civiltà.
Lo eravamo quando in aereo, seduti al posto finestrino o corridoio, ci spaparanzavamo sul bracciolo del povero cristo che stava seduto in mezzo con i gomiti dei vicini nelle costole. Lo eravamo quando durante le tratte in treno ci facevamo delle lunghe conversazioni telefoniche in dolby surround per tutta la carrozza senza nessun riguardo per il povero fesso che tentava di dormire dopo una notte o una giornata di lavoro sfinente. Lo eravamo quando pur di salire in metro o in autobus non permettevamo ai passeggeri in discesa di mettere il piede sulla banchina e li respingevamo dentro tirandogli pure qualche bestemmione.
Distanziamento sociale o società distante?
Da quando hanno iniziato a raccomandare il distanziamento sociale ho pensato di poter assistere alla realizzazione di un sogno: finalmente, ho pensato, ognuno resterà nel proprio spazio vitale, senza invadere quello altrui, senza sconfinare nel privato del vicino, senza insinuarsi nell’intimo antro dei cavoli degli altri. Ingenua io, più di tutti! In una società in cui eravamo già distanti gli uni dagli altri per mancanza di civiltà ed empatia, non hanno attecchito i tentativi del mondo di renderci più umani. Cosa poteva insegnarci, in termini di civiltà, una pandemia globale? A fare il contrario di tutto quello di cui sopra. E cosa ci ha insegnato veramente?
Non capisco la funzione di quest’articolo. Non capisco soprattutto perché si prenda un caso isolato di inciviltà per rappresentare il modo in cui tutti gli italiani sarebbero usciti dalla quarantena. Oltretutto non penso che il postulato secondo cui saremmo diventati migliori si debba tradurre “prima della quarantena gli italiani erano incivili, dopo la quarantena saranno tutti civili all’improvviso”. Semmai, sarebbe utile prenderlo come un incoraggiamento a usare questa forte esperienza (la quarantena e il distanziamento) non per deprimersi, ma per tornare ad apprezzare dal profondo valori quali ad esempio famiglia, altruismo, amicizia, disponibilità, anche al fine di costruire una società sempre più civile. Non oggi, non domani, ma nel contesto di un processo che è in continuo andamento. Il video di due cafoni che litigano sicuramente contribuisce al processo in senso negativo: dunque perché dargli tutta questa pubblicità?
Buonasera Matteo, grazie per aver commentato. Ho letto con attenzione il suo commento e mi spiace che lei abbia reputato le mie considerazioni inutili. Non per questo la privero’ di un chiarimento. Non si tratta di dare risalto ad un episodio, preso semplicemente come spunto per una riflessione generica, ma di sfatare appunto quel mito che si era creato intorno al periodo di sacrificio per il quale saremmo dovuti diventare tutti bambini della pubblicità della Benetton. Non eravamo esempi di civiltà prima e non lo siamo ora. Chiudere gli occhi davanti alla maleducazione generale mi sembra controproducente. Ci sono le eccezioni, guai se non ci fossero. Tutto ci attraversa e ci segna in modo soggettivo e personale. Purtroppo, personalmente dopo 4 mesi di reclusione
ho ritrovato il mondo uguale a come lo avevo lasciato: intento a perpetrare quei piccoli quotidiani gesti di inciviltà. Può non essere d’accordo o può essere stato fortunato a non incappare mai in certi comportamenti squalificanti, sono felice per lei e spero non debba mai assistervi.
Le auguro una buona serata ed un buon proseguimento d’estate.
Buonasera Margherita, grazie a lei per la risposta e il chiarimento. Non reputo inutili le sue considerazioni, al contrario penso che ogni articolo/riflessione/dichiarazione di pubblico dominio abbia influenza sul modo di vedere le cose della gente.
Penso comunque che siamo d’accordo su una cosa, pur partendo da punti di vista diversi: nulla, neanche la quarantena, ci farà mai diventare all’improvviso bambini della pubblicità della Benetton. E sbaglia chi interpreta così il detto secondo cui diventeremo migliori. A differenza di lei, credo però che gli episodi di inciviltà (a cui ho assistito spesso anch’io…) siano le eccezioni. Eccezioni più rumorose e che catturano più facilmente l’attenzione rispetto a un mare di atti di cortesia e gesti di altruismo silenziosi. Ma che non per questo devono essere messe in risalto e dipinte come il marchio della società. Ribadire questa visione non fa che peggiorare le cose.
Opinione molto personale, che vuole essere una critica costruttiva sul modo in cui si vede il problema. Non sull’articolo in sé che invece trovo sia scritto molto bene.
Buon proseguimento d’estate anche a voi
Esatto, siamo d’accordo, in fondo sulla superficialità con cui si crede si possano innescare automaticamente i cambiamenti.
Forse è vero che il brutto viene sempre additato e il buono scarsamente lodato, ma trovo sia molto più stimolante spingere le persone a riflettere su quello che può essere migliorato. E, dopo tutto al termine delle mie considerazioni, ho lasciato una domanda aperta: cosa ci ha insegnato veramente questo periodo? Dunque mi fa piacere che lei abbia condiviso la sua opinione che trovo altamente costruttiva per un’ulteriore riflessione personale e per questo la ringrazio. Ben vengano i cambiamenti positivi, le ripartenze da noi stessi e il desiderio di essere vicini nonostante tutto. Buon fine settimana 🙂