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Cultura

Voltaire e i dadaisti: tre motivi per cui sono così paradossalmente simili

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30 maggio 1778. È sera, e François Marie Arouet – il famosissimo Voltaire – chiude gli occhi in un letto di Parigi a causa di un cancro alla prostata. Sotto il suo balcone parigino, una folla acclamante.

5 febbraio 1916. A Zurigo, Hugo Ball, regista teatrale, e sua moglie Amy Hennings, performer, inaugurano il Cabaret Voltaire. Un luogo all’insegna della libera espressione di qualsivoglia forma, fingendo che il conflitto mondiale al di fuori della neutrale Svizzera non esista.

Due avvenimenti così lontani e così apparentemente incongrui sanciscono in realtà un legame a tratti impensabile, che non si limita al nome del café. Eppure, tre piccoli elementi possono farci guardare questo rapporto da un altro punto di vista, rivelandoci che un filosofo del ‘700 propugnatore della ragione e un gruppo di giovani del primo ‘900, osannatori di un orinatoio all’ingiù, hanno più di qualcosa in comune.

1. Il Cabaret Voltaire

Nonostante non sia l’unico riferimento, quello del Cabaret Voltaire è il primo che salta all’occhio. Il café nacque in una Zurigo fervida dal punto di vista artistico. «Disgustati dai macelli della guerra, a Zurigo ci demmo alle belle arti»: così ricorderà la nascita del luogo di ritrovamento del movimento Dada uno dei suoi maggiori esponenti, Hans Arp.

Il Cabaret non fu il primo locale “artistico” a nascere nella capitale. Luoghi a metà tra la bettola e il circolo culturale, dove bere alcolici e assistere a spettacoli più o meno grotteschi, esistevano già. Ma ciò che distinse il Cabaret dagli altri fu il carattere disperatamente dissacratorio delle iniziative culturali apportate, così come la sperimentazione di linguaggi espressivi rivoluzionari. E il nome rivelava già di per sé il desiderio di porsi controcorrente: esso invocava, infatti, il filosofo che più di ogni altro aveva condannato a morte la morale e i costumi dei suoi contemporanei.

Inoltre, appellarsi a Voltaire significava richiamare un barlume di ragione in un frangente storico che sembrava aver smarrito il proprio – e che i dadaisti si impegnavano a recuperare.

2. “Il migliore dei mondi possibili”

In seguito al terremoto di Lisbona del 1755 e a numerose persecuzioni alla sua persona, Voltaire scrisse un breve racconto per confutare una visione ottimistica della vita (secondo la filosofia di Leibniz) e mostrare il suo sguardo disincantato sul mondo. Il Candido è, di fatti, la storia di un giovane ingenuo e sincero che, per un mix di amore e sfortuna, si ritrova a dover vivere una serie di eventi tra il tragico e il grottesco (tra cui, appunto, il terremoto di Lisbona).

La scanzonata frase “vivere nel migliore dei mondi possibili” deve la sua fama più a Voltaire e al suo Candido, che al filosofo che, su tale precetto, sviluppò tutto il suo pensiero – Leibniz, che Voltaire prova ripetutamente ad attaccare. Il migliore dei mondi possibili è quello che Pangloss, il precettore di Candido, mostra ripetutamente al suo allievo, nonostante le brutture e le tragicità che si susseguono senza posa nella vita del giovane. Ed è anche quello che gli artisti Dada cercano a loro modo di costruire e vivere, all’interno del loro piccolo Cabaret, saltando sui tavoli e danzando su musiche assordanti. Viviamo nel migliore dei mondi possibili, anche quando a pochi km di distanza i nostri coetanei muoiono in trincea?

3. La satira giocosa come stile vita

Come affermò lo stesso Voltaire, il fine di Candido era quello di «portare il divertimento a un piccolo numero di uomini d’ingegno» – proprio come faceva la combriccola di dadaisti, con le loro azioni stravaganti.

L’autore raggiunse questo obiettivo unendo spirito tagliente e parodia: difatti, dietro la facciata giocosa di Candido – che divertì tanti già all’epoca – si trova una critica molto dura della civiltà europea contemporanea allo scrittore, che provocò le ire di molti: tra questi, la Francia e la Prussia per i riferimenti alla guerra dei sette anni, e la Chiesa Cattolica per la parodiata Inquisizione. 

E come Voltaire, Dada fece proprio il linguaggio della satira e della parodia, per abbattere le forme di un sistema sociale, politico e culturale nel quale non ci si riconosceva. Rivoluzionare il mondo significava innanzitutto scardinare i linguaggi quotidiani e dare loro una forma inedita e provocatoria, per far storcere il naso ai più. Ed ecco che come Voltaire fu perseguitato dagli esponenti borghesi come lui, che gridavano allo scandalo per le sue visioni del mondo “inadeguate”, così una serie di artisti gridò allo scandalo per la Fountain di Marcel Duchamp, offensore del buon gusto e della morale.

«“Che cos’è questo ottimismo?” domandò Cacambo. “Ahimè!” rispose Candido, “è il delirio di sostenere che tutto va bene quando tutto va male”.»
Voltaire, Candido

«Non c’è soluzione perché non c’è alcun problema.»
Marcel Duchamp

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Sara Maietta

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Sara Maietta
Una vita ascrivibile all'ABCD: aspirante curatrice, bookalcoholic, catalizzatore di dissenso e dadaista senza speranze.