Il dibattito sulla sanatoria degli immigrati irregolari, che già aveva animato le settimane precedenti, si è riacceso vivacemente negli ultimi giorni. Nelle sedi del Governo, Pd e Italia viva spingono per l’inserimento di una risoluzione favorevole nel prossimo “Decreto di maggio“; il M5S, invece, tituba.
Sul tavolo c’è la regolarizzazione di 600.000 immigrati tramite la concessione di permessi temporanei validi per sei mesi e rinnovabili per altri sei. L’intervento, ormai chiesto a gran voce da sindacati e associazioni, avrebbe diverse e urgenti finalità.
Quali?
Prima fra tutte l’emergenza agricoltura. Il settore, infatti, arranca per la mancanza di forza-lavoro. Le restrizioni dovute all’epidemia hanno fatto venir meno il vitale apporto di manodopera straniera stagionale per l’attività di raccolta delle produzioni. Ciò ha incrementato lo sfruttamento del lavoro nero; una pratica, lo sappiamo, tristemente abusata dal settore così a Nord come a Sud del Paese. La cosiddetta “sanatoria” potrebbe scongiurare il pericolo, tutt’altro che remoto, di vedere frutta e verdura nostrane – più importanti che mai per salute ed economia in un periodo come questo – marcire sulle piante.
Inoltre, soggetti dell’intervento normativo sarebbero anche badanti, colf, operai sia italiani che stranieri. Insomma, un accenno dell’altrettanto necessaria regolamentazione di settori in balìa di un mercato feroce e spregiudicato.
Last but not the least, la sanità. Ebbene, gli immigrati irregolari abitano, spesso, vere e proprie baraccopoli, gestite dal malaffare. Interi agglomerati di abitazioni di fortuna, costruite con materiali tossici, senza nessuna logica edilizia e, men che meno, sanitaria. Luoghi, questi, che sono tra i pochi testimoni di esistenze oltre il limite dell’umano. Dove si muore per poco e i funerali non si sono mai visti. Dove si vive come schiavi e si muore come bestie, schiacciati dalle lamiere e da un qualunque virus stagionale. Perciò, questa preoccupante realtà, oggi lo è ancora di più. Non è difficile immaginare quanto sia facile che luoghi del genere si trasformino in micidiali focolai di Covid. Non operare in un momento come questo potrebbe rivelarsi fatale per la salute pubblica, per la vita dei cittadini e di questi miserabili. Ultimi, dimenticati, fantasmi.
Un’unica (temporanea) soluzione
Questa sanatoria, in definitiva, potrebbe, in un sol colpo, risolvere diverse problematiche. Evitare conseguenze ancora più tragiche alla crisi sanitaria, rinvigorire la stremata agricoltura, riconoscere diritti ai lavori più umili e vessati, liberare dalla concorrenza sleale le aziende che garantiscono questi diritti. Potrebbe risultarne, infatti, colpito il caporalato – fenomeno raccapricciante ancora oggi fin troppo diffuso – e, più in generale, la criminalità organizzata. Sottrarre dalle grinfie di questi mostri sociali centinaia di migliaia di destini, trovare una sistemazione e condizioni di lavoro decenti a degli esseri umani. Salvare vite che – è triste sia ancora necessario sottolinearlo – non valgono meno della nostra.
Certo, un intervento del genere, temporaneo ed emergenziale, non potrebbe essere considerato una soluzione definitiva. Non sarà un decreto a sconfiggere il caporalato, ma potrebbe costringere il mercato che ne abusa a dover pensare come farne a meno, ad esempio. Potrebbe fare da apripista ad azioni legislative più profonde, riformiste, da perseguire in tempo di pace, che potrebbero portare a un raggiungimento anche parziale, ma stabile, di questi obiettivi. Un traguardo che sarebbe necessario quanto gratificante per uno Stato e una società che vogliano dirsi civili.
Il Movimento 5 Stelle si oppone
Tuttavia seppur la questione è da tempo dibattuta a Palazzo Chigi, l’esecutivo è diviso. Concordemente Pd e Italia viva chiedono coraggio al Governo, ma Vito Crimi, capo politico ad interim del M5S, non si decide. A preoccuparlo, presumibilmente, la fetta di elettorato che potrebbe non apprezzare e la reazione delle opposizioni. La destra, ormai tutt’altro che moderata, aspetta infatti a braccia aperte facili slogan per risollevare il consenso, in calo ormai da qualche mese. La fake news dà, la fake news toglie.
Si spiegherebbe, così, l’invocazione al coraggio e il fatto che la ministra Teresa Bellanova, che il dossier – come anche il lavoro nei campi – lo conosce bene, abbia annunciato di valutare le dimissioni in caso il progetto non andasse in porto. La stessa strategia a fare pressione adottata da Renzi a Palazzo Madama. Insomma il tempo stringe è la questione si fa sempre più urgente, anche perché gli effetti del provvedimento potrebbero risultare ridimensionati dal trascorrere delle settimane.
Bisognerà aspettare la prossima mossa del M5S: troverà il coraggio richiesto, anche spronato dalla visione di un Governo ballerino, oppure , davanti al populismo, come si cantava allo scorso Festival di Sanremo, ci cascherà di nuovo?