Direttamente dalle illustrazioni di Simon Stålenhag, Tales from the Loop è disponibile dal 3 aprile su Prime Video.
Tra i produttori esecutivi della serie figurano Matt Reeves – regista di Cloverfield, di due pellicole della serie reboot de Il pianeta delle scimmie (Apes Revolution e The War) e The Batman del 2021 – e Mark Romanek, che è anche regista del pilot.
Per molti considerata come la risposta di Amazon a Stranger Things e Black Mirror – con richiami a Dark e a The OA -, questa nuova serie televisiva va ben oltre i rimandi e le somiglianze, rappresentando un prodotto raro nel suo genere quanto una piacevole novità da apprezzare proprio per la sua unicità.
In un panorama seriale che ci abitua al binge watching, Tales from the Loop ci suggerisce un’altra strada: quella favolistica del piacere estetico, della contemplazione e dei silenzi.
«Buonasera. O buongiorno, dipende da dove vi trovate. Mi chiamo Russ Willard, e sono il fondatore del Centro di Fisica Sperimentale di Mercer, che è stato costruito qui, sotto la città di Mercer in Ohio, ed è noto agli abitanti del luogo come Loop. Il suo scopo? Svelare ed esplorare i misteri dell’universo. Grazie alle nostre singolari ricerche, qui potrete vedere cose che… bè, definireste impossibili. Eppure non lo sono. Gli abitanti della città sono tutti collegati al Loop, in un modo o nell’altro. E voi potrete conoscere molti dei loro racconti, col tempo.
Ora… possiamo cominciare.»
Tales from the Loop, favole di tecnologia
Anni ’60, Ohio, Stati Uniti. Nella zona rurale di Mercer è stato costruito il Loop, un’avveniristica struttura che si estende per decine di chilometri nelle profondità della campagna circostante. In essa, è ospitato un grande acceleratore di particelle, costruito per svelare ed esplorare i misteri dell’universo – rendendo possibili cose precedentemente relegate solo alla fantascienza. Tutto ciò crea un’ucronia, la storia di questo mondo, influenzata dal progresso tecnologico, ha seguito un corso alternativo rispetto a quello reale.
È vent’anni dopo che si sviluppa la serie, attorno alle vicende degli abitanti della zona. Il loro quotidiano è influenzato dalla tecnologia fuori dall’ordinario che li circonda, tra macchinari abbandonati, imponenti costruzioni, robot e tanto altro.
Qui attecchisce l’ispirazione di Tales from the Loop dalle opere di Simon Stålenhag, autore di un libro (2014) e di un gioco da tavolo (2017) omonimi. La sua è una visione futurista, ma in decadimento: il progresso ha già fatto il suo corso, la tecnologia che influenza il vissuto della popolazione circostante è ormai obsoleta.
Nel momento in cui tali invenzioni tecnologiche si riattivano, è lì che nasce la magia. Una magia che dà modo allo showrunner Nathaniel Halpern di creare storie e realizzare una raccolta di racconti antologici che seguono di puntata in puntata protagonisti diversi ma che sono in relazione tra loro.
Per questo, nonostante ognuno degli otto episodi sia autoconclusivo e fruibile autonomamente, i personaggi sono ricorrenti: dalla famiglia Willard – con Loretta (Rebecca Hall) e Russ (Jonathan Pryce) – alla famiglia Jansson, fino ad arrivare a Gaddis (Ato Essandoh).
Poetica della tecnologia
In un percorso che ci porta piano piano alla scoperta del mondo favolistico di Tales from the Loop, siamo testimoni di un dipinto televisivo che si dipana davanti ai nostri occhi. Nel non detto, nella contemplazione degli ambienti e dei personaggi, nel significato che si cela dietro una natura che sovrasta la scienza e al contempo si fa dominare dai suoi poteri.
Una poesia visiva che culmina in due citazioni dell’episodio finale, diretto da Jodie Foster. Ve le riportiamo qui, in lingua originale con la traduzione italiana annessa per non privarle della loro connotazione poetica, da cogliere nella sua completezza solo quando avrete completato il vostro personale viaggio seriale attraverso i racconti del Loop:
- «- Everything’s changed.
– That tends to happen.»
(“- È cambiato tutto. – Tutto cambia.”)
- «- Does it feel like a long time ago?
– Blink of an eye.»
(“- Sembra trascorso tanto tempo? – Un battito di ciglia.”)
Non vi resta altro da fare che mettervi comodi e farvi trasportare in quest’esperienza, non ve ne pentirete.
a cura di
Nicola Di Giuseppe