Interviste

Il Varco – Dialogo col regista Michele Manzolini

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Ieri, 27 gennaio 2020, sono state numerose le iniziative dedicate al Giorno della Memoria. In particolare, intendiamo segnalare la proiezione del film Il Varco, svoltasi presso il Cinema Teatro Galliera alla presenza del regista Michele Manzolini e dei moderatori Giacomo Manzoli e Roberto Lanzarini.

Il Varco racconta, adottando soluzioni narrative non convenzionali, la fallimentare campagna di Russia della Seconda Guerra Mondiale. Gli avvenimenti storici considerati nel film non vengono presentati in modo oggettivo.

Infatti, per garantirne uno stampo personale, la narrazione viene spostata in prima persona attraverso il racconto ipotetico di un soldato italiano. Nasce così un film che aderisce più allo stile del lungometraggio di finzione che al documentario. Prezioso, in tal senso, è stato il lavoro sul materiale d’archivio audiovisivo e cartaceo svolto dai registi Federico Ferrone, Michele Manzolini e dallo sceneggiatore Wu Ming 2.

Per approfondire l’importante e delicato lavoro svolto, abbiamo intervistato il regista Michele Manzolini.

1) Com’è strutturata e come si snoda la narrazione del film Il Varco?

Il fil rouge narrativo è costruito attraverso la creazione di un’ipotetica voce di un soldato italiano, ricavata grazie alla commistione di svariate testimonianze personali tratte da alcuni diari dei commilitoni in viaggio verso il fronte russo. Per quanto riguarda l’archivio audiovisivo, la particolarità de Il Varco consiste nell’impiego di fonti di differente provenienza tra loro: di carattere istituzionale (Archivio Luce) e di carattere privato (Home Movies – Archivio nazionale del film di famiglia).

Attraverso la rielaborazione creativa dei filmati di repertorio nasce un racconto originale di memoria storica ma, allo stesso tempo, legato alla contemporaneità attraverso alcuni frammenti rievocativi dell’attuale guerra in Ucraina“.

2) La scelta di utilizzare la prima persona porta il racconto vicino allo spettatore, stimolando il processo di immedesimazione nel soldato protagonista del film. Come si è strutturato il vostro lavoro sui materiali testuali e sui filmati di repertorio, in modo tale da renderli così vicini allo spettatore?

Il film prende le mosse da una richiesta giunta da Home Movies e dall’Istituto Luce che ci hanno fornito i materiali di repertorio su cui lavorare, garantendoci libertà creativa sul loro riutilizzo. Dopo circa un anno impiegato a visionare tutti i filmati che avevamo a disposizione, abbiamo deciso di scrivere la storia a partire dalle immagini stesse. In particolare, abbiamo utilizzato e fatto convergere liberamente le personali riprese di due soldati. Abbiamo cercato di distaccarci il più possibile dalla visione oggettiva tipica del documentario, favorendo una visione di tipo soggettivo e personale. La scrittura è stata strutturata prendendo spunto da svariati diari e testimonianze dei soldati impiegati sul fronte. In questo modo abbiamo costruito la voce narrante, facendola aderire in maniera forte alle immagini“.

3) Ne Il Varco accanto a filmati di tipo storico avete accostato brevi spezzoni della guerra in Ucraina. In questo modo si evince chiaramente la vostra intenzione di legare il documentario alla contemporaneità. Qual è, secondo lei, l’approccio documentaristico attraverso il quale bisognerebbe parlare alle nuove generazioni per legare la Memoria di tipo storico alla dimensione contemporanea?

Sicuramente è necessario sviluppare un racconto con un linguaggio differente dal classico documentario di tipo storico che siamo abituati a vedere in televisione. Noi, fortunatamente, abbiamo avuto a disposizione delle immagini che avevano una grossa forza dal punto di vista soggettivo: immagini girate liberamente che, in questo modo, garantiscono un lato di immedesimazione fortissimo per lo spettatore, che scopre l’atrocità del fronte attraverso il punto di vista di chi l’ha vissuto.

Allo stesso tempo, abbiamo voluto accostare a queste immagini quelle dello stesso fronte ripreso al giorno d’oggi. In questo modo abbiamo cercato di creare due sguardi così lontani fra loro che, tuttavia, intendono mostrare lo stesso oggetto. Inizialmente le immagini storiche e contemporanee tendono a sovrapporsi attraverso similitudini di tipo geografico: gli stessi treni, gli stessi luoghi… successivamente il focus si sposta sul vero punto di vista del protagonista, che attraversa le immagini del presente come se fossero le immagini d’archivio dell’epoca.

Le riprese dell’attuale fronte ucraino sono state in parte realizzate personalmente da un soldato impegnato sul fronte. Abbiamo voluto inserire anche questo tipo di immagini, non curandoci in particolar modo della forma, per poterle accostare in modo parallelo a quello di tipo storico, aprendo in questo modo una riflessione più ampia sul concetto di guerra. Una guerra che è presente ancora oggi, negli stessi luoghi, e che, purtroppo, non si riesce ad estirpare“.

Articolo a cura di:
Sergio Floriani

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