Ciao Federica, grazie per aver accettato questa intervista, ti va di raccontarci la tua storia?
A 24 anni , il giorno del mio compleanno, sono entrata in coma per via di una meningite fulminante da meningococco B. Mi sono risvegliata 7 settimane dopo senza le gambe e le dita delle mani. Ero ricoverata in terapia intensiva all’Ospedale di Lecco. All’epoca frequentavo il IV anno della facoltà di medicina e chirurgia e da li ho voluto ripartire .
È stato comunque un lungo percorso di consapevolezza e di scandaglio di tutti gli aspetti possibili di ciò che un evento drammatico così porta con se.
Dove si trova la forza per ripartire ?
Cosa ha significato nel tuo percorso di vita lo sport ?
Lo sport ha significato un recupero importante , una crescita personale, fisica e emotiva. Mi ha consentito di pensare a me stessa come ad una persona valida, forte, indipendente (come ero sempre stata) e ovviamente dal punto di vista fisico e prettamente motorio.
È stato il modo in cui mi sono presa cura di me nel momento (2011) in cui ho capito che qualcosa solo per me non lo avevo mai realmente fatto.
Mi ha fortificato e mi ha consentito di fare molte esperienze in cui ho potuto conoscere molte persone che hanno ascoltato la mia storia, traendone forse un po di forza.
A tuo parere la nostra società come si pone davanti alla disabilità?
La società non ha ancora un buon rapporto con la disabilità a mio avviso.
Si sta diffondendo la conoscenza che la disabilità esiste, se ne parla. Però poi questo non va di pari passo ad un’integrazione. Una vera integrazione che secondo me si può avere solo quando lo sguardo sulla disabilità non è più pietoso, compassionevole o distaccato; ma affettuoso, comprensivo e paritario. Ovvero quando, sì , vediamo la difficoltà dell’altro ma con l’occhio di un amico che vuole bene comunque indipendentemente da ciò che l’altro può o non può fare e da ciò che è il suo fisico.
Se una difficoltà sociale c’è, come possiamo concretamente intervenire per cambiare la nostra realtà?
Laddove è possibile integrare bisogna integrare.
Credo fermamente che la nostra società abbia spesso uno sguardo assistenzialistico, che se da una parte è doveroso, dall’altra parte è ostativo all’integrazione.
Se una persona con una disabilità può lavorare, parlare, uscire di casa ,insegnare , insomma se può essere in qualsiasi modo parte della società deve essere messa nelle condizioni di farne parte. Dall’altra parte chi ha una disabilità si dovrebbe mettere , laddove è possibile (e lo sottolineo perché a volte non è possibile), nella condizione di essere attivo partecipante della società. Contribuire a far funzionare le cose, scoprendo ciò che può fare e farlo nella misura in cui riesce. Migliorare la realtà senza utilizzare solo la strada della polemica, ma in modo costruttivo.Ovviamente sono solo punti di vista