Reddito di cittadinanza
Politica

Reddito di cittadinanza: dopo più di un anno, misura riuscita o fallimento?

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Tra le misure più discusse del precedente governo c’è lui: il reddito di cittadinanza. Cavallo di battaglia del Movimento cinque Stelle alle elezioni del 2018, questa misura avrebbe dovuto essere la soluzione alla crisi.

Definita, infatti, da Grillo come una “fiamma di dignità” per l’Italia e gli italiani, si prefiggeva di combattere la povertà. Come? Erogando un sussidio e favorendo l’incontro della domanda di lavoro con l’offerta .

Nella teoria una nuova possibilità per milioni di Italiani, ma nella realtà? Nella realtà la possibilità si incontra con la burocrazia, con i numeri e con conti che non tornano, e non per il governo ma per milioni di Italiani.

A più di un anno di distanza possiamo allora chiederci: il reddito di cittadinanza ha davvero funzionato?

Il quadro generale

Per provare a rispondere a questa domanda dobbiamo innanzitutto dare qualche numero. (Cosa che succede spesso quando si parla di burocrazia italiana)

Ad ottobre del 2019 ad essere pervenute all’INPS erano 1.522.847 domande. Di queste ne sono state accolte solo 982.158, le restanti o sono ancora in fase di rielaborazione o sono state respinte. Ma su che base?

I criteri per accedere alla “fiamma di dignità”, targata Cinque stelle, sono molto stringenti a partire dall’indice ISEE.

Quest’ultimo deve essere inferiore a 9.360 euro e sforarlo è tanto facile quanto proibito. Un primo ostacolo è, dunque, ottenerlo. Ma le difficoltà non finiscono qui.

Una NON garanzia di sussistenza

Riuscire ad avere il sussidio non significa ottenere i mezzi necessari a garantirsi la sussistenza, anzi: grazie a cavilli e appigli burocratici “magicamente” il reddito diminuisce arrivando anche  a quaranta euro al mese.

Questo perché il calcolo si basa anche sui redditi precedenti, di due anni fa, che vengono scalati. Così, da un tetto massimo di 500 euro (previsto per chi vive solo e non paga l’affitto) si arriva anche a 40 euro. E poco importa se intanto in quei due anni tu hai perso qualsiasi tipo di risorsa, almeno lo stato risparmia. Lo fa sulla tua pelle.

Differenze regionali

Immaginiamo di avere ottenuto non solo i 500 euro, ma anche i 280 euro previsti per chi si trova da solo a dover pagare un affitto. Ci bastano? La risposta è: dipende, e ci porta a mettere in evidenza un altro aspetto di questa misura.

Il reddito non è uniforme su tutta la penisola. La cifra che ti deve essere corrisposta non cambia a seconda di dove tu vivi. A cambiare sono però le tue possibilità di sopravvivenza con il sussidio.

Si calcola che per riuscire a vivere bene in una città del nord come Milano siano necessari 1.500 euro. Certo di questi, 500 sarebbero per il divertimento. Ma anche presupponendo che si voglia vivere come un eremita sono comunque necessari 1000 euro cifra ben superiore ai 780 euro previsti. Diversa è, invece, la realtà di chi vive al sud.

Se prendiamo in considerazione una città come Palermo, scopriamo che per vivere serenamente sono necessari solo 900 euro. Anche in questo caso 780 euro non sono abbastanza ma coprono almeno il costo dei servizi minimi.

Il reddito non sconfigge quindi la povertà, non dappertutto almeno.

Il lavoro che (non) c’è

Se si è riusciti ad ottenere il reddito si dovrebbe però avere anche la possibilità di un lavoro e dunque di uno stipendio migliore poi. Ma è davvero così?

Secondo gli ultimi dati forniti da ANAPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro) su 200 mila beneficiari, convocati dal centro per l’impiego tra settembre e novembre, in 18 mila hanno trovato lavoro. Sembrerebbe un dato incoraggiante ma se guardiamo oltre i numeri la realtà è ben diversa. Di questi 18 mila, il 68% è stato assunto con un contratto a termine che comunque, nella maggior parte dei casi, è stato trovato in autonomia. È stata allora una possibilità sprecata?

Un  sistema che non funziona

La realtà è che l’intero sistema creato dal reddito di cittadinanza per favorire nuove assunzioni scricchiola già alle sue fondamenta: difatti, si appoggia sui centri di impiego e punta sulla nuova figura dei “navigator”. Quest’ultimi dovrebbero facilitare l’incontro tra beneficiari e datori di lavoro un compito per il quale però nessuno di loro si è formato in modo specifico.

Laureati principalmente in ambito umanistico e psico-sociale, sono stati assunti tramite concorso. Un percorso di formazione è stato predisposto esso però si svolge, per la maggior parte, mentre i navigator sono già operativi. Mentre dunque dovrebbero già essere in grado di fare il loro lavoro.  La loro inesperienza va inoltre a pesare sui centri d’impiego che già a causa della crisi si trovano ad affrontare una situazione non facile.

Così il complesso nel suo insieme non funziona e non è in grado di affrontare il mercato del lavoro.

La realtà del fallimento

In ultima analisi, il reddito di cittadinanza presenta più di un limite e piuttosto che essere un “fiamma di dignità” diremmo che è una misura che fa acqua da tutte le parti, mostrandosi insufficiente proprio nel confronto con la quotidianità dei cittadini, poiché incapace di essere una reale soluzione ai problemi dell’Italia in crisi.

Miriam Ballerini

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