“Roba da teppisti da stadio”. Così Giovanni Musarò definisce il comportamento dei due carabinieri autori del pestaggio di Stefano Cucchi
Si è aperta la scorsa settimana a Roma la requisitoria del Pm Giovanni Musarò nel processo Cucchi bis che sta facendo finalmente chiarezza sulla morte del trentunenne romano.
Il Cucchi bis vede sul banco degli imputati cinque carabinieri fra cui un graduato. Il maresciallo Roberto Mandolini all’epoca dei fatti comandante della stazione che fermò Stefano Cucchi. Mandolini deve rispondere di falso nella redazione del verbale di fermo insieme al carabiniere Francesco Tedesco: lo stesso che rese dichiarazioni importanti accusando i colleghi Di Bernardo e D’Alessandro del pestaggio nella sala del fotosegnalamentio.
Una requisitoria durissima quella di Giovanni Musarò che definisce “kafkiano” il primo processo Cucchi perché “condizionato da depistaggio scientifico”. Pone quindi un punto fermo che bolla come sbagliate tutte le indagini fatte precedentemente e svela una macchina da guerra orchestrata per far ricadere le responsabilità su altri.
Non è tutto. Un altro attacco pesantissimo il Pm Musarò lo riserva ai carabinieri autori del pestaggio che provocò poi la morte di Stefano Cucchi. Lo definisce “roba da teppisti da stadio”. Parole nette riferite a comportamenti tenuti da uomini dello Stato. Sempre Musarò rincara la dose. Spiega infatti come, se sul verbale redatto non ci fosse stata la dicitura “senza fissa dimora”, Cucchi si sarebbe potuto salvare enon si celebrerebbe questo processo.
Un aspetto finora non molto toccato ma che dà la dimensione dei fatti. Se Mandolini non avesse dichiarato il falso, gli arresti domiciliari avrebbero salvato Stefano Cucchi il quale aveva sia una casa, sia una famiglia, sia un lavoro. Tantomeno era di nazionalità albanese come invece riportano gli atti di convalida dell’arresto.
Il Pm Giovanni Musarò non ha finito di pronunciarsi. La requisitoria continuerà nella prossima udienza quando saranno esplicitate anche le richieste di condanna.
Sicuramente una scelta simbolica importante quella del Procuratore Prestipino che ha presenziato in aula durante la requisitoria di Musarò. Sembra un’altra epoca ripensando a quando rappresentanti dello Stato in aula si cimentavano in simulazioni di quella caduta dalle scale inesistente. Adesso la verità sulla morte di Stefano Cucchi sembra essere vicina con le più alte istituzioni del Paese che si sono costituite parte civile.
Peccato solo che il Comune di Roma stia tenendo aperto un altro procedimento ormai non più nel fatti contro i medici dell’ospedale Pertini. Sarebbe un segnale politico rilevante se il Sindaco Virginia Raggi decidesse di sottrarre il Comune da quel procedimento confluendo in quello che sembra essere il processo decisivo.