Slavia Praga-Inter
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Slavia Praga-Inter: la “muta” bianconera contamina la Champions

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Rubare al migliore segreti, trucchi e, perché no, preziosi alleati. Lo ha fatto l’Inter alla Juventus, sottraendo uomini e stile di gioco con cui i bianconeri hanno aperto il loro ciclo nel 2012. Certezze tattiche con cui la Signora è diventata leader in Italia ed eterna zitella in Champions League. Stato civile che ora, forse involontariamente, ha ereditato anche l’Inter.

Inter – nazionale

È bastato uno Slavia Praga qualunque per smorzare gli entusiasmi nerazzurri di inizio stagione. Siamo all’inizio, chiaro, se tre vittorie in campionato non sono rondini che fanno primavera, neanche l’1-1 all’esordio di Champions può essere considerato un peccato mortale. Ma peccato originale sì, perché era la prima appunto, perché gli altri avversari del girone si chiamano Barcellona e Borussia Dortmund. Quindi l’origine di tutti i mali potrebbe essere proprio questo inizio ad handicap. Eppure sembrava essere tutto così dannatamente in discesa, almeno dopo il riassetto della scorsa stagione. In primis ci fu l’arrivo di Marotta. Qualche mese per capire l’andazzo, il tempo di far fuori Nainggolann e Icardi (quest’ultimo più resistente alla rimozione coatta), poi l’arrivò del messia Conte. Più generale in realtà, almeno nella gestione dello spogliatoio, biblico nel vero senso della parola quando si tratta di resuscitare i morti in campo. Più zombie nel caso dell’Inter, composta di una rosa che ancora non si era resa conto di valere davvero. Tutto molto bello, fino a quando, tra le nebbie meneghine, compare il solito spauracchio Contiano: la Champions League. Luoghi comuni, lo ha affermato lo stesso mister, tuttavia i fantasmi del passato non lo mollano.

La guerra degli ex: la maledizione europea

Se dividendo l’ordine degli addendi il risultato non cambia, Marotta e Conte possono cominciare a fare gli scongiuri. L’impostazione da società azienda con l’azzeramento delle mele marce e compiti e deleghe precise che tanto rivendicano gli juventini, è lo schema che il duo sta provando a replicare a Milano. Divisi, diversi nei colori ma uguali nell’assetto societario. Un paragone che non piacerà ai tifosi interisti, da qualche mese bianconeri nel businnes plan e, da martedì, bianconeri anche per la nuvola fantozziana comparsa al risuonare della sigla della Champions League. Sarà pure il professionismo ma è difficile da accettare, a maggior ragione da chi per anni è stato “pazzo”, fiero della sua follia unica, ribelle, deleteria ma identitaria. Una nostalgia che solo una prima vittoria potrà cancellare. Tanto per cominciare, un tricolore non sarebbe affatto male, magari non otto, per evitare di ricalcare le imprese juventine. Oppure si? Vuoi mettere con l’oblio degli anni passati? Allora sia, tanto per la Champions ci vuole esperienza, bisogna aumentare i ricavi, non deve essere un’ossessione. Perché vincere è l’unica cosa che conta, frase già sentita da altri versanti e che potrebbe causare nuove crisi di identità agli interisti. E se la Juventus farà il triplete la nemesi sarà completa: è la nuova muta del biscione.

Luca Villari

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