Il tema forte di questa settimana è il Centrodestra: coalizione guidata ormai da Giorgia Meloni al centro di polemiche per il suo passato in organizzazioni di ispirazione fascista. Ed è proprio di questo di cui parliamo perché ci sono alcune sfumature che è bene indagare.
Il fascismo: l’unico attacco che arriva alla Meloni
Nonostante qualcosa nel merito del programma del Centrodestra stia emergendo, l’accusa di fascismo non lo abbandona. La storia di Giorgia Meloni è stata scelta dal Centrosinistra come elemento contro cui battersi. Ci si sta dimenticando però come il fascismo sia un reato e come, di conseguenza, andrebbe denunciato e non utilizzato come stigma sull’avversario. Non ci potrebbe essere nessun vero confronto democratico con chi propone una società fascista: sarebbe altro rispetto a una campagna elettorale in un sistema democratico.
Una circostanza sottovalutata da Letta che non si sta accorgendo dell’errore di comunicazione che sta commettendo che, da un lato ridicolizza un tema molto serio, e dall’altro avvantaggia Giorgia Meloni nello sfoggiare il ruolo di “vittima del sistema”.
Se Meloni fosse davvero fascista, Letta non ci si dovrebbe neanche confrontare sulla scheda elettorale: vorrebbe dire infatti legittimare una forza antidemocratica. Non è per nulla secondario questo aspetto: nel momento in cui si accetta un avversario si esclude che la sua proposta vada contro il sistema democratico.
Senza contare poi che, se vincesse davvero il Centrodestra con Meloni in testa, a quel punto il corretto sillogismo dedotto dalla campagna del Centrosinistra sarebbe: in Italia è tornato il fascismo: dichiarato il 26 settembre avrebbe tutto un altro significato; aprirebbe scenari pericolosi e comunque resterebbe il fatto di non avere impedito a una forza fascista di candidarsi alle elezioni.
Inflazionare così tanto l’accusa di fascismo ha anche un altro rischio: quello cioè di svuotare l’accusa rendendolo un epiteto da utilizzare nei confronti dell’avversario; pena: la progressiva disattenzione al termine. La stessa dinamica che osserviamo con il “populismo”: ormai una caratteristica che sentiamo appioppare con estrema leggerezza quasi sempre da un campo dell gioco all’altro.
Quanto fascismo c’è nella Meloni?
A questa domanda risponde lei stessa nel suo libro “Io sono Giorgia”: libro da leggere e non da mettere a testa in giù.
In effetti la Meloni è ancora saldamente legata al fascismo, ma non nelle proposte programmatiche di oggi; bensì nella prima linea di Fratelli d’Italia per la quale ha scelto tutti quadri provenienti dal Movimento Sociale.
Questo è il problema che la leader di Fratelli d’Italia non risolverà mai con il fascismo perché con tutta quella prima linea ci è cresciuta sia anagraficamente che politicamente.
Ed è lo stesso motivo per cui Meloni non cancellerà la fiamma dal simbolo. Immagine che tiene unita tutta la dirigenza esperta di cui Meloni ha bisogno con cui è arrivata a giocarsi il posto di Presidente del Consiglio.
Tutto questo però non è frutto di estenuanti ricerche da parte del sottoscritto: basta leggere il libro della Meloni per conoscerla. È proprio quello che dovrebbe fare chi vuole batterla: studiare come ragiona e non confonderla con Matteo Salvini: estremamente meno acuto e con una storia politica meno complessa.