amore
Cronache di un BL

Come uscire da un amore spaccacuore (.. solo uno?)

Tempo di lettura: 4 minuti

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“Everybody says that nothing ever lasts forever..

Scrivo al ritmo di rock mentre la batteria del mio cuore gronda ancora un po’ di sangue per una ferita silenziosa che alla fine è scoppiata rendendosi squarcio. Finalmente! Perché quando arrivi in fondo al barile e riesci a vedere quello che.. anzi, CHI è rimasto (nessuno se non te stessa) solo allora puoi iniziare a riempire il vuoto dentro di te per risalire.

Ma partiamo dall’inizio, dal mio primo CBL, quando senza preavviso la signora Morte ha aperto a calci la porta della vita “normale” e mi ha fatto capire che stavo sprecando tempo. Da allora ho deciso che un mix di leggerezza, sorrisi, provare e rischiare o semplicemente “fare” sarebbe stato il mio personalissimo antidoto al dolore. E sono ancora oggi convinta della mia scelta perché cogliere occasioni senza pormi limiti (se non legali o economici) mi ha restituito tante soddisfazioni. A poco a poco ho costruito la sicurezza della persona che voglio diventare.

Ma è difficile tenere il passo di una che preme l’acceleratore e io lo sapevo. Mi aspettavo la fatica dei miei genitori quando un giorno ho comunicato loro che mi volevo trasferire e non erano d’accordo. Mi aspettavo i “non posso” degli amici all’accompagnarmi in viaggi lontani e/o uscite che alla fine ho fatto da sola. Ma ciò che non mi sarei aspettata è stato il freno a mano dei miei partner, le persone che come compagni di vita avrebbero dovuto (almeno così credevo) capirmi, accompagnarmi, consigliarmi, sostenermi.

Intendiamoci: invidio la razionalità dei canguri che saltano da un letto a un altro, ma purtroppo (o per fortuna) in me hanno sempre vinto i sentimenti. Perciò ho avuto solo relazioni lunghe: minimo un anno, massimo tre. Mica bruscolini, ma persone a cui ho espresso i  desideri più forti e le paure più grandi. Persone di cui ho accolto pregi e difetti in tutto e per tutto perché non solo erano il mio presente, ma avrei voluto farle diventare il mio futuro. E se i primi tempi è stato tutto bellissimo (come è giusto che sia agli inizi di una relazione), a poco a poco ho notato l’oggettiva difficoltà, più o meno palpabile, di farmi accettare come io accettavo loro. Il problema ero io a essere sempre troppo, in un modo o nell’altro.

Qualcuno mi ha ricordato spesso, in modo sottile, che mangiavo troppo ed ero piena di tatuaggi (all’epoca ne avevo uno). Per qualcun altro ero matta a proporgli di sposarci dopo tre anni di quasi convivenza e frasi tipo “con te voglio una famiglia”. Per un altro avevo troppi amici maschi, ero troppo appariscente in jeans, canotta e Dr Martens ed ero troppo pura per capire che tutti ci provavano con me. Non mi sono mai sentita una probabile vittima di femminicidio, ma mi è venuto il dubbio quando gli ho intimato di uscire di casa tenendo con tutte le mie forze una padella a mo’ di mazza da baseball. Credevo fosse il punto più basso.. ma ho capito non lo era quando l’ultimo mi ha detto che avevo messo troppo effort nella relazione e, non contento, ha rincarato la dose con queste parole:

Ecco.

In quel momento la ferita silenziosa si è squarciata e ho cominciato a urlare. Ma non era verso di loro che urlavo: era il dolore che provavo verso di me. Per aver sempre cercato di capire l’altro fino ai limiti dell’empatia, averlo giustificato invece che difendermi, essermi messa da parte invece che coinvolgermi, per essermi dimenticata invece che curata dandomi la colpa invece che amarmi. Incredibile come siamo capaci di volere così tanto bene agli altri, ma così poco a noi stessi.. Sì, l’amore è potente, ma esiste qualcosa che va oltre e della quale oggi non posso più fare a meno: la mia libertà che è finita esattamente dove iniziava quella dell’altro. E quando ho capito il disallineamento ho sempre lasciato tutti io, ma troppo tardi, dopo essermi abituata a non meritare la bellezza facendomi male gratuito. Mi sono quindi ripromessa di volermi bene davvero. Coltivare le mie passioni, parlarmi, scoprirmi e accettarmi per quella che sono, senza accontentarmi.

Ormai sono cresciuta, ora schiaccio i ragni da sola e… sinceramente? Io non lo so quando ci sarà “l’ultimo” perché è la vita che decide da sola. Ma so che merito qualcuno che sia così mio fan da leggere tutti i miei articoli e chiedermi pure l’anteprima dei podcast che ho in mente. Che mi dica “sei bellissima” quando metto il rossetto, invece che darmi della puttana. Merito mi porga un fazzoletto quando sono triste, invece che girarsi e continuare a lavorare al pc. Che si preoccupi quando ho così mal di schiena da non riuscire a farmi da mangiare o raggiungere il water, invece di uscire con gli amici. Che mi risponda “anch’io” a una dichiarazione scritta a mano su foglio protocollo (sì, i fogli protocollo esistono ancora). Merito mi protegga dagli attacchi di panico quando affronto ancora oggi l’irruzione della signora di cui sopra, invece che ridermi in faccia. E lasciarmi finalmente andare, camminando insieme, senza la paura di essere giudicata.

Merito tutto questo e anche di più, ma non lo merito io come Carlotta: lo merito come donna, come persona, individuo, come tutti. Perché sono fermamente convinta che tutti abbiamo il sacrosanto diritto di amare e di sentirci amati esattamente per quello che siamo. Ma soprattutto di imparare a lasciarci amare, con tutte le nostre fragilità e debolezze, in primis da noi stessi.

Non è forse l’amore, in tutte le sue forme, il vero antidoto al dolore?

.. how do we make this heart beat on and on?”

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Carlotta Cuppini
Fondatrice di Borderlain, le piace organizzare persone e progetti con sorridente serietà. Based un po' in MIlan un po' Bologna, beve caffè amaro al mattino e vino rosso la sera. Colleziona edizioni di 'JF è uscito dal gruppo' che tiene sul comodino insieme a manuali di project management.